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Guida alla sopravvivenza per gioiellieri terrorizzati dai diamanti sintetici

31/5/2017

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Inizia tutto con Platone e con il suo principio di non contraddizione. Cioè, se concentrate il vostro sguardo sullo Smart Phone, noterete che esso, essendo uno Smart Phone, non può essere contemporaneamente un altro oggetto. In pratica non può essere un gatto, una bottiglia di Vodka o un antidolorifico. Sui libri del liceo sorridevamo per tanta banalità: è tutta qui la filosofia?

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E invece quel principio spiega, tra tante cose, anche il meccanismo della paura. Sapendo che il destino del mio Smart Phone è di rimanere tale, poiché non può essere contemporaneamente una cartella di Equitalia, io stabilisco un controllo razionale sul mio mondo. E non resterò terrorizzato dalle infinite minacce delle modificazioni - che so impossibili - del mio telefonino, il quale resta identico a sé stesso. Sono tranquillo, invio messaggi, gli faccio fare cose da telefono. Non mi aspetterò dunque da quest'oggetto ordini perentori di pagamenti erariali.
 
Questo vale anche per i diamanti. Il gioielliere, come tutti gli individui della nostra società basata su principi razionali, desidera esercitare un controllo sul suo mondo e ciò comporta la necessità che le pietre che conosce per esperienza come preziose e naturali mantengano stabilmente questo status. Non vuole che il suo trilogy sia altro da quello che il suo cliente comprerà nella totale certezza che i diamanti siano naturali.
 
I diamanti sintetici hanno intaccato negli operatori la sicurezza derivante dal principio di non contraddittorietà. È come se un demone fosse disceso nel reticolo cristallino creando un mondo parallelo: è un diamante che al tempo stesso non lo è. Vi ricordate il mondo allucinato di Blade Runner? Il mondo piovigginoso e multietnico in cui Harrison Ford deve dare la caccia agli androidi? Qualcuno ha precipitato i nostri gioiellieri laggiù, dove solo un test identifica queste pericolose copie degli umani, in grado di sovvertire la legge di non contraddittorietà.
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Oggi dunque un diamante può essere altra cosa, diversa da sé? Certo che sì, come i perfetti androidi di Blade Runner. Ma non può essere simultaneamente naturale e sintetico. Quando abbiamo tra le mani un diamante sintetico, seppure le caratteristiche chimiche e fisiche possano essere per molti versi identiche a quello naturale, abbiamo a che fare con un oggetto che è e resta un diamante sintetico. C'è solo da eseguire il test, esattamente come faceva Harrison Ford.
 
Ecco allora quello che succede. Le banche fanno firmare moduli e mostrano certificati. Rassicurano il cliente, delegano la responsabilità e vendono diamanti di cui non sanno nulla. I gioiellieri, che dovrebbero saperne tanto, vendono sempre meno diamanti poiché non sanno più rassicurare il consumatore, dubitano dei certificati, temono le conseguenze delle proprie responsabilità. Il pubblico, tra banche, ambiguità ed insicurezza dei gioiellieri si domanda che diavolo sta succedendo. E alla fine, se poi vede uno Smart Phone che si connette, resta identico a sé, si capisce cos'è, lo acquista al posto di un diamante.

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Ma in fondo uscire da questo incubo sarebbe molto semplice. Perché la vulgata che si sta diffondendo, che cioè i diamanti sintetici siano indistinguibili da quelli naturali, è una grande, colossale balla. Questa è una scusa che conviene solo a chi ha vantaggio a livellare la qualificazione verso il basso. Vero è, invece, che i progressi tecnici nel produrre sintetici e l'abbassamento dei loro costi sono stati fattori più rapidi dell'avanzamento delle conoscenze disponibili agli addetti ai lavori.
 
I gioiellieri non ce la fanno a restare al passo delle nuove situazioni. L'assenza o la precarietà delle informazioni smargina, annebbia ai loro occhi i confini tra naturale e sintetico. Ed il diamante, contraddicendo in apparenza sé stesso, li cala in un abisso irrazionale e oscurantista. In basso scorgono le nebbie e le insicurezze che avanzano se si permane nella condizione di non conoscere. In alto la lunga e faticosa scala da percorrere, l'inevitabile lavoro di studio, aggiornamento, approfondimento, se si vuole invece sapere.
 
Se il diamante io lo riconosco, o se solo so che questi strumenti e queste procedure hanno la fondatezza per fissare un protocollo per riconoscerlo, ecco che non c'è incertezza ed il mio bel diamante naturale me lo posso dunque vendere senza paura.
 
Il consumatore percepisce distintamente lo smarrimento, il timore, l'insicurezza da parte di chi dovrebbe guidarlo a compiere un acquisto impegnativo. Ecco allora una lista di atteggiamenti di lavoro scorretti e controproducenti che si potrebbero rivedere, perché evidenziano il disagio dell'operatore e lo pongono in condizioni negative per vendere più diamanti naturali, e con più soddisfazione.
 
Luogo comune 1. "Va beh, tanto è tutto trattato". Sbagliato. I vostri clienti pretendono di acquisire diamanti di un valore commisurato al danaro che chiedete. Se dite che tanto fanno tutti così sperate di essere salvati dal conformismo, non state vendendo pietre. State solo trasferendo le vostre incertezze a chi, magari, ne potrebbe anche sapere più di voi. E poi i sintetici non sono trattati, sono simulanti.
 
Luogo comune 2. "Mi hanno detto che è naturale. Quest'azienda non mentirebbe mai". E perché? Chi lo dice? Sapete controllare esattamente la professionalità e le competenze gemmologiche delle aziende che vi forniscono gioielleria? Valutate correttamente le dimensioni, il prestigio o le qualifiche di chi vi vende le pietre? Vi informate sulle referenze tecniche?
 
Luogo comune 3. "In fondo poi che può accadere? Io l'ho comprata da..., la responsabilità è sua". Sbagliato. Siete obbligati a rispondere in prima persona, ripassatevi il Codice Civile. Dipende tutto da chi è il cliente, da quante risorse vuole metterci per trascinarvi in giudizio. E se poi lo fa sono fatti vostri.
 
Luogo comune 4. "Ci ho visto inclusioni, ho fatto il test " E come, col lentino a 10x? I diamanti sintetici hanno residui metallici. E poi quale test, quello della moissanite?
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Spettrometria ad infrarosso e valutazione delle emissioni della fotoluminescenza sono oggi le frontiere per contrastare con successo anche il tanto temuto CVD nel melee. D'accordo, non tutti possono disporre di strumentazioni tanto avanzate. Ma tutti possono aggiornarsi sul loro funzionamento e valutarne l'efficacia. Non è la fine del mondo, bisogna andare a letto presto e fare bene i compiti a casa.
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