Non ci sarà il lieto fine. I danni dono stati fatti e molti purtroppo non saranno facilmente recuperati, anche se forse assisteremo a sanzioni tardive. Il gioco fraudolento va avanti ancora oggi, malgrado le nuove inchieste giornalistiche. Quotazioni decisamente superiori ai corsi di mercato. Ecco le conclusioni cui è giunto il Sole 24 Ore che ha pubblicato sul numero del 30 settembre un approfondimento sulla bolla speculativa causata da alcune agenzie di intermediazione che hanno piazzato diamanti al pubblico, tramite la decisiva cooperazione offerta dal canale degli sportelli bancari. I fatti i gioiellieri li conoscono bene. Li ha denunciati Federpreziosi da già più di un anno. Ha fatto seguito la celebre puntata di Report, vero punto di svolta e di detonazione della controversa - se non vogliamo dire scandalosa - vicenda. Si tratta di una macchinazione tutta e solo italiana, un meccanismo perverso costellato di scorrettezze e passaggi ingannevoli. Sul pasticcio, che ha generato un giro d’affari di mezzo miliardo di euro nel 2016, stanno indagando Consob e la Procura di Milano. L’Antitrust dovrebbe pronunciarsi a breve. Tutto rientrerà e si riaggiusterà? Vedremo, allo stato attuale il pur approfondito articolo del più importante quotidiano finanziario sembra più dar conto delle tappe di un colossale abuso piuttosto che preludere ad una risoluzione positiva. Ecco perché nessuno ne esce bene e perdono un po' tutti. Guardiamo le posizioni una per una. Ramo dettaglianti di gioielleria, due miliardi di giro d’affari andati in fumo Una volta la cosa funzionava come dovrebbe funzionare (e funziona) in tutto il mondo. Vuoi un diamante? Un regalo per tua moglie? Qual è il posto giusto per trovarlo? Una gioielleria con addetti esperti, aggiornati e preparati. Valuti con professionisti quale sia la scelta più equilibrata per il soddisfacimento estetico (il diamante serve per fare gioielli) e per il valore intrinseco (è un bene rifugio, il valore non si disperde). Devi stare ad ascoltare le caratteristiche qualitative, valutare l’effetto, trasporre il tutto in un gioiello grande o piccolo, con una pietra più significativa centrale o con un pavé di pietre più piccole. Questo è quanto si fa in tutto il mondo. E in Italia, adesso? Adesso clienti per due miliardi di euro di acquisti negli ultimi quindici anni hanno girato i tacchi e dal negozio se ne sono andati in filiale. Non parlano più con i naturali professionisti dei gioielli. Parlano con impiegati di banca che di diamanti ne sanno tanto quanto un tramviere ne sa dell’Equazione di Schrödinger in fisica quantistica. Cioè un ca..volo. Gioiellieri, avete perso, chi vi ridarà i due miliardi di euro del giro di affari perduto? Le connivenze del ramo bancario Loro, sulla carta hanno vinto poiché incassano una lauta ricompensa che le famose agenzie di intermediazione munificamente garantiscono loro. In cambio possono far uso delle migliaia di sportelli e garantirsi una distribuzione in doppio petto. Gli uffici legali delle banche sono troppo scaltri per firmare i contratti di vendita dei diamanti. Quelli li fanno sottoscrivere a IDB e DPI, le agenzie che tengono il banco, architettano e sviluppano tutto il lavoro. Ma alla lunga che figura ci fanno gli istituti di credito? Incassano soldi per una prestazione di connivenza che ratifica il pompaggio dei prezzi fuori dal mercato. Le banche però ci mettono anche la faccia quando inoculano nelle teste degli ingenui risparmiatori la falsa convinzione di diversificare il portafoglio dei propri investimenti. Provate a vedere se esiste un paese nel mondo occidentale in cui le banche sollecitino l’acquisto (di questo si tratta, non di investimento, come vedremo meglio dopo) di beni materiali per scopi di diversificazione del portafoglio finanziario. Non ne troverete una che venda i diamanti (a prezzi stellari, per aggiunta) come da noi. Quando l’acquirente parlerà con il funzionario che gli negozia fondi e obbligazioni, gli chiederà di render conto del perché il diamante che gli ha suggerito di acquistare non vale neanche la metà di quanto lo ha pagato, quando lo si vuole ricollocare. Una bella prestazione professionale, un chiaro messaggio di riscatto che gli istituti bancari danno ai propri clienti proprio quando sono indagate per aver piazzato prodotti finanziari deteriorati. Aspettate qualche anno e vedrete se questa storia non deprimerà ancora di più la scarsa fiducia che gli italiani hanno del settore bancario. Ma perché gli sportelli bancari devono vendere tutto e fare concorrenza persino alle enoteche? Alla lunga ci avranno guadagnato? La Consob ha vigilato? Questa autorità indipendente italiana si occupa di tutelare gli investitori e vigilare sulla trasparenza e lo sviluppo del mercato finanziario italiano. Nel maggio 2013 ha espresso il suo primo pronunciamento secondo il quale in sostanza i diamanti non possono essere considerati prodotti assoggettabili ad intermediazione finanziaria poiché manca l’incremento di valore del capitale così come il rischio ad esso legato. Consob dice cioè che queste pietre non sono equiparabili ad investimenti finanziari. La precisazione non ha però comportato uno scoraggiamento agli organizzatori del sistema ingannevole. Al contrario, ha offerto un assist. Se i diamanti non sono oggetto di investimento, non devono di conseguenza essere controllati dalle maglie imposte dalla vigilanza Consob. Quelle maglie che avrebbero dovuto impedire (e non lo hanno fatto), del resto, i recenti scandali che hanno immiserito una discreta quantità di piccoli risparmiatori. Il messaggio della Consob dunque era: “Egregi istituti bancari, non potete vendere diamanti spacciandoli per investimento”. Troppo tardi s’è capito che invece i bancari hanno dato ben altra interpretazione all’ammonimento. E cioè: “Egregia Consob, non c’è problema, noi infatti fungiamo solo da mediatori. Le vendite le fanno altri. Per noi si tratta di transazioni commerciali, non di investimenti”. La Consob dovrà alla fine spiegare agli acquirenti, ingannati da un gioco di specchi, che quello che si realizza è un acquisto di gemme senza garanzie reali di recupero del capitale. Né più né meno di come si fa in gioielleria. Mentre i contratti delle agenzie di mediazione, utilizzati in banca, promettevano un investimento, alla fine si concretizzava una pura e semplice vendita. Non pare neanche questa una prestazione acuta, tempestiva e determinante. Non riuscire a salvaguardare i risparmiatori da un meccanismo colpevolmente illusionistico in pratica rappresenta un’altra bella figuraccia. Giornali e media, quei listini erano solo inserzioni Ok, Report ha fatto saltare il muro di silenzio. È il mestiere della Gabanelli e anche questa volta ha fatto centro con un’inchiesta precisa, articolata e attendibile. La maggior parte dei media ha agito semplicemente a traino, riprendendo Report. Niente da dire sul pezzo di qualche giorno fa di Nicola Borzi sul Sole: è incisivo, oggettivo. Elabora i dati dei bilanci delle agenzie che lucrano sulle pratiche opache di vendite di diamanti mascherate da investimenti. E deduce giustamente che i cospicui utili provano che le operazioni sono fuori dai prezzi di mercato. Va benissimo. Provate però a digitare su Google: “Il Sole 24 ore diamanti da investimento”. Sapete qual è il primo articolo che viene evidenziato? Non il puntuale resoconto di fine settembre. Compare invece un pezzo del maggio 2016, assai più compiacente verso le agenzie poi poste sotto i riflettori della Procura e della Consob. Un pezzo dal titolo “Se il piccolo risparmiatore compra diamanti invece dei bond”. In esso si strizza un occhio complice a favore dell’atteggiamento di attenzione che si voleva che i risparmiatori conferissero ad “investimenti” alternativi, cioè proprio i diamanti. In pratica, solo un anno fa, il successo delle collocazioni di diamanti in banca veniva mostrato dal Sole non come una pratica ambigua ed ingannevole, ma come un comprensibile trend sacrosantamente motivato dagli scarsi rendimenti offerti dai prodotti finanziari tradizionali, bond, titoli di Stato etc. Ma non finisce qui. DPI mostra sul proprio sito web i propri salatissimi listini di diamanti e dichiara di averli pubblicati costantemente negli ultimi dieci anni. Dove? Proprio sul Sole 24 ore, lo stesso quotidiano che il 30 settembre finalmente spara ad alzo zero contro gli abusi degli impropri diamanti da investimento. Il prestigioso giornale non ha mancato di far notare che questi listini in effetti non sono altro che inserzioni pubblicitarie. Tali però da costituire un altro piano di ambiguità al multiforme castello di informazioni fuorvianti che hanno consentito di costruire una serie di vendite fuori dai prezzi di mercato. Ok, saranno pure solo pagine di inserzionisti, sarà pure giusto che fanno comodo in un periodo di vacche magre per le entrate pubblicitarie. Ma non è stata proprio una copertura giornalistica lineare ed esemplare. Ci sbagliamo? Consumatori, vere vittime ed i più terribilmente perdenti Beh è alquanto triste menzionare il pubblico dei consumatori solo alla fine. Perché sono quelli che ancora una volta ci rimettono più di tutti. Hanno pagato in quindici anni forse una cifra non lontana dal miliardo di euro in più di quanto avrebbero dovuto se si fossero rivolti a professionisti seri di gioielleria. Ma quello che è peggio è che nei negozi avrebbero avuto la consapevolezza di acquisire oggetti belli e preziosi con gemme che possono essere anche beni rifugio. Invece dalle banche hanno avuto l’illusione di godere gli stessi rendimenti che si ottengono da titoli ed obbligazioni. Per portare a casa solo perdite. E quello che è ancora peggio è che tutta questa storia inciderà drasticamente sulle scelte che orienteranno i consumatori nel prossimo decennio. Le macerie di questo guaio sposteranno le preferenze verso beni di consumo non durevoli, verso la moda più effimera dov'è però i patti sono chiari e non si praticano furbizie e slealtà. |
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Settembre 2019
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