Fottere. Ecco, ho usato nel titolo un termine eticamente censurabile. È moralmente diseducativo oltre che inelegante usare una parolaccia in un titolo. Ma solo la parola fottere mi viene in mente per descrivere con senso pieno quello che i fanno i cinici call center quando mi proiettano nei crudeli labirinti dei loro evasivi risponditori automatici. Oppure quando le low cost aeree ti nascondono l’opzione di rinuncia ai servizi aggiuntivi, le pay tv ti deviano quando vuoi ridimensionare e non estendere il tuo pacchetto. Fottere è il vero nome del gioco, la sostanza delle cose. Ed io, sebbene usi una parolaccia per rendere l’idea di un sopruso, posso convincervi che da maleducato mi sto comportando eticamente bene. Non dimentichiamoci che potrei anche essere formalmente impeccabile e poi invece comportarmi male. Siccome si avrà l’impressione che ci vada giù duro meglio fare la solita premessa cautelativa. Ho il massimo rispetto degli sforzi delle imprese per applicare principi etici nelle loro procedure o per promuovere iniziative di natura benefica in ambito sociale. Però mi sono persuaso che questa storia dell’etica venga spiegata ed interpretata male da chi se ne occupa nelle imprese e raccontata peggio al pubblico. Sotto i lodevoli (a volte) buoni propositi alberga tanta confusione. E diciamola tutta, tanta ipocrisia. Allora facciamo le cose semplici, usiamo termini comprensibili anche ai ragazzi e andiamo dritti al punto. Predicare bene e razzolare male. Non mi potete dire cosa giudicare e cosa no Ridotto tutto all’osso, l’etica, intesa nelle parole dei nostri tempi, è il modo corretto in cui singoli individui e gruppi pensano ci si debba comportare nelle relazioni sociali. Un animale sociale come l’uomo non deve sforzarsi: i manuali da seguire li trova già tramandati dalle consuetudini e ad essi gli conviene conformarsi. Li eredita alla nascita da quel patrimonio sedimentato costituito da millenni di ragionamenti filosofici su ciò che è bene o male in società. Dovremmo già sapere che far lavorare bambini di otto anni, importunare le donne, inviare medicine avariate in Africa sono cose che non si fanno. Non dovremmo neanche sforzarci di elaborare codici etici per le aziende. L’etica è fai da te, non ha punti di partenza. Non è altro che il continuo processo ed il modo di far funzionare i valori che le società umane trovano, in quel momento, giuste. Non ci sono epoche più etiche di altre. Quindi non esiste un’azione più etica di un’altra o azioni esenti da conseguenze etiche. Infine - e qui sta il cuore della questione - le aziende non possono circoscrivere in una camera stagna lo spazio nel quale il mondo esterno le potrà valutare eticamente. Per pensare poi di farla franca poiché si ritengono neutre, inattaccabili e ingiudicabili al di fuori di quelle belle paginette e di quei bei compitini da Boy Scout. Le aziende - come gli individui - sono, al contrario, responsabili di tutto quello che fanno. Come valutate una persona, così valuterete un’azienda. Apriamo i giornali. Prendiamo la fatturazione a 28 giorni della telefonia mobile Non si può fare. Non lo dico io. L’Agcom, le Associazioni di consumatori, persino Sottosegretari e Ministri della Repubblica manifestano disaccordo e condanna per la pratica scorretta che è un aumento tariffario mascherato e non debitamente comunicato all’utenza. Alt! È qui che si misurano i valori etici delle imprese in questione. Non è che ognuno possa fare i fatti suoi con la tariffazione abusiva e poi spararsi pagine web in cui autocelebra orgogliosamente le proprie azioni benefiche di Responsabilità Sociale, il ramo in cui si concentrano gli interventi virtuosi delle imprese nel contesto di aiuti concreti alla società. Nelle abbondanti sezioni etiche delle proprie abbaglianti pagine web i gestori della telefonia ci fanno leggere tante belle cose, una serie di lodevoli iniziative che spaziano dalla riduzione degli impatti ambientali, a metodologie per razionalizzare ed evitare gli sprechi alimentari nelle catene distributive food. Non entro nel merito (ma lo si dovrebbe fare), per me i buoni propositi vanno sempre bene, credo sulla parola. Il punto è invece: cosa è che conta di più? Contano più di tutto le belle parole che usiamo per mostrare quanto siamo stati bravi? Che, ad esempio, rispettiamo i criteri edilizi di sostenibilità (a cui magari dovremmo già conformarci per legge, senza tante storie)? O sono invece più importanti quei comportamenti effettivamente ed oggettivamente messi in pratica? La scorrettezza che si mette in campo dove la gente più ci vede, quando cioè viene a comprare il nostro prodotto, non sfugge al giudizio etico. I diamanti da investimento sono ingannevoli e venduti a prezzi gonfiati. Però per loro (l’intermediazione finanziaria) sono etici La notizia è di poco fa. L’Antitrust ha multato (spiccioli rispetto ai colossali ricavi) due agenzie di intermediazione e qualche banca. Avevano inventato dei listini e li millantavano per indici borsistici. I risparmiatori italiani ci hanno rimesso un paio di miliardi di euro. Noi adesso non dobbiamo più guardare le originali cravatte o le inarrivabili finiture delle scarpe di quei dirigenti che hanno messo su questo gran bel giochetto e ci hanno detto di firmare. Se andate sul web noterete che i furbacchioni fanno azioni caritatevoli, aiutano i progetti della comunità di Sant’Egidio. Promuovono l’arte, consigliano mostre. Guardate qua i certificati. I loro diamanti poi sono tutti etici e non insanguinati: hanno il certificato di Kimberley (gioiellieri, ma voi li avete mai visti poi, al dettaglio? Ed all’origine poi, chi non ce l’ha?). Costano il doppio? Ma che particolari andate a vedere! Ehi dico a te! Devi resettare e poi premere fino in fondo quel cazzo di spinotto! Bisogna far capire le cose di principio già ai bambini ed ai ragazzi perché la nostra vita sociale non è regolata dai paroloni ma dai buoni esempi. I valori fondanti sono sempre semplici. Questa benedetta etica neanche esiste se non cominciamo con l’insegnare che la buona educazione è importante non sotto forma di obbligo ma quando comprendiamo che fa bene a tutta la famiglia e quindi a tutta la società, quando ragioniamo sul fatto che quello che a volte ci viene solo inculcato è anche conveniente. Niente più di questo. Quando un buon comportamento fa bene agli altri, questo è etico. Molto etico è fare qualcosa di concreto, anche mettere soldi per i disagiati del Burkina Faso, ma senza esagerare nel vanto e senza appendere troppi manifesti. Non mercifichiamo la nostra presunta buona azione cercando di ricavarne sfacciatamente dei vantaggi. Alla fine la gente se ne accorge. Quanto sarebbe bello se, quando mi salta internet e frugo miseramente tra le borchie e i cavi, una voce umana e non robotica mi dicesse: “devi resettare e poi premere fino in fondo quel cazzo di spinotto”. Tim, Wind, Vodafone, un essere umano sboccato risolverebbe il problema, avrebbe fatto la cosa giusta ed etica. Invece dobbiamo prendere atto che la moderna cultura d’impresa considera la materia etica come un’estensione del suo braccio di marketing. E così diventa goffa. Poi, maneggiando valori astratti che le sono estranei, esegue costruzioni involute, indifendibili e indecifrabili. Mettete dei ragazzi a leggere le paginette web della responsabilità sociale nei siti delle aziende. Non capiranno nulla, solo fumosità, ambiguità, sofismi e complessità inutili, le deviazioni strumentali delle buone cause, i paroloni. Allora non posso che chiudere così: ragazzi fare attenzione ogni volta che vedete usare la parola “etica”. Probabilmente vi vogliono fottere. |
Archivi
Settembre 2019
|