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I ragazzi salveranno il mondo orafo.. (ma diamogli una mano)

15/7/2016

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I ragazzi salveranno il mondo orafo..se gli adulti smetteranno di essere vecchi.
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​In un quartiere di palazzoni e di gente
indifferente, seduto sulla ringhiera di una
panchina, tanti anni fa, giurai di restare
giovane per sempre.
Non per godere
indefinitamente dei piaceri e dell'energia dei venti anni.
Già sapevo che queste sono cose che
passano. Pregavo invece che mi rimanesse di
giovanile quello sbarramento alle ipocrisie e
ai compromessi. Quella coscienza innata
che ti porta a tifare per l'incoscienza, il
vero motore del mondo.

La lealtà dovuta a quel ragazzo che io ero tanti anni fa mi fa ripetere che
le nuove generazioni oggi hanno un credito immenso verso tutti
quelli che li stanno spingendo fuori dall’Italia, fuori dalle scuole,
fuori dal lavoro (non solo artigiano), fuori dalla protezione sociale.
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Meditavo queste cose nei giorni successivi alla morte di Pino Daniele. Fui preso da un altro sconforto. Inesorabili saracinesche abbassate nel centro storico. 'E maste se ne vanno, musicisti ed orafi. 
Devo parlare con i ragazzi.

Tanti ragazzi restano, vorrebbero disegnare, fabbricare gioielli Sono disposti a parlare, mi rispondono. Non hanno mezzi, non hanno esperienza. Non tutti hanno talento. Ma tutti hanno quello che serve e che io e quelli come me non abbiamo più.
Molto futuro.
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Parlare con i vecchi equivale ad un tuffo in una vasca da bagno con acqua stantia. La vecchia guardia orafa è stanca, demotivata. Parlare con i ragazzi è un tuffo vivificante a mare.
Sì, il divario esiste, perché non esiste più la bottega. Dentro la bottega il giovane sarebbe diventato masto per invecchiare tra i nuovi apprendisti. Cattivo o buono 'o masto era inserito in un meccanismo sociale secolare perfettamente funzionante. Il maestro orafo poteva essere aperto o avaro, disponibile o taccagno, prodigo di consigli o micragnoso. Ma un apprendista orafo o gli avrebbe assomigliato o se ne sarebbe andato via da lui con un proprio bagaglio. Perché il quartiere era ampio e il lavoro c'era per tutti. I maestri orafi nelle botteghe, buoni o cattivi, avevano un interesse forte al ricambio generazionale. Per quanto la gavetta fosse dura, si pensava da adulti e non da vecchi.
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Dalle corporazioni in poi le arti e i mestieri si erano dati regole e luoghi. Un meccanismo imperfetto e rigido (lavoro sommerso, donne al di fuori, apprendistato non retribuito) che in qualche modo a Napoli ha funzionato per secoli (ottocento anni). Caduto il vecchio sistema organizzativo della bottega non se ne é trovato un altro, con il risultato che la "cultura" orafa sta agonizzando.
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Ma la bottega orafa non nacque da sola. Nacque per delle condizioni storiche precise, per la volontà della corte Angioina (adulti) di fare di Napoli una capitale moderna portandovi maestri artigiani (dalla Francia) assieme ad operai, apprendisti, marinai etc. etc. (tutti, indistintamente giovani). Dall'hinterland al centro storico, che s'era voluto ingrandire proprio per sostenere una strategia pianificata. Fornire alle arti ed ai mestieri la logistica, la sicurezza ed il know how per lo sviluppo.
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Senza una leadership ed una conduzione attenta l'artigianato di qualità non può fiorire in nessuna parte
del mondo. Come s 'è impiantata la straordinaria manifattura dei cammei e del corallo a Torre del Greco? In quel porto vesuviano il corallo non si lavorava: si pescava e si vendeva grezzo fino agli inizi dell'Ottocento. Fu la volontà dei funzionari borbonici (adulti illuminati) ad impiantare la lavorazione di qualità ricorrendo a tutto il peso della diplomazia. Fu siglato un accordo con un opificio di Marsiglia, il migliore al mondo. In cambio di privilegi bisognava assumere giovani e trasmettere loro le tecniche di lavorazione.
I ragazzi sono sempre gli stessi, a qualunque generazione appartengano. Hanno lo stesso entusiasmo, la stessa voglia di vivere, la stessa sana irriverenza per i luoghi comuni, per le tradizioni inoculate per forza. Quello che cambia sono i contesti che le società dominate dagli adulti creano. Se la formazione, la pratica, l'affiancamento, lo scambio culturale saranno stati adeguati allora l'inserimento nel tessuto produttivo sarà più semplice.
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Noi non produciamo bulloni. I nostri sono oggetti non necessari alla sopravvivenza. Siamo in un'epoca diversa da quella in cui occorreva in massima parte solo manualità. Oggi le applicazioni tecnologiche hanno addomesticato i metalli. Possiamo fare tutto in poco tempo, possiamo clonare. I nuovi gioielli possono farsi preferire solo per un potere di evocazione e di armonia. 'O masto ha chiuso, l'industria orafa italiana é decimata e i quartieri orafi migrano nell'anonimato dei centri commerciali. Faremo i gioielli con le istruzioni per il montaggio di Ikea? Perché invece non puntare su qualcosa di più innovativo ed avanzato?
La storia orafa napoletana ( e non solo) dimostra chiaramente che lo sviluppo si innesta quando la fantasia e la forza entusiasta dei ragazzi viene canalizzata da strutture organizzative serie e con idee chiare. Perchè non sviluppare a favore dei ragazzi un polo di formazione seria, una "università del gioiello", una palestra di idee dove convivano tradizione e sperimentazione, dove si investa in ricerca sui metalli e sulle gemme, un luogo aperto e non racchiuso in sé stesso, non autoreferenziale ma ben raccordato col mondo accademico e con le associazioni di settore, che abbia un profilo alto e che permetta che si saldino teoria e applicazioni pratiche, dove si lavori per l'inserimento adeguato degli allievi e dove discenti e docenti possano tornare per progetti ed aggiornamenti? Senza trasmissione e confutazione di idee non c'é prospettiva ma solo vecchi che giocano a fare i giovani.

Paolo Minieri

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