Io, Paolo Minieri, commerciante di pietre, dichiaro che i salumieri scompariranno. Saranno i primi, altri li seguiranno. Tranquilli, i gioielli li venderete sempre. Solo che sarete allacciati ad una catena distributiva che penserà per voi. Perderete il sapore delle gemme, l’approccio dei mercanti e un po' d’avventure. Perderete il gusto di scegliervi la mozzarella, ma la COOP non vi deluderà. Il futuro di ogni business consisterà nella logica dei non luoghi della grande distribuzione: portare il ghiaccio agli eschimesi, sacchi di sabbia ai Tuareg del deserto, pizze da infornare già fatte. Migliaia di km inutili per portare bottiglie d’acqua alpina in Calabria, acqua siciliana a Milano. Ma nello stesso momento che questa tendenza si manifesta con l’estinzione dei salumieri, i salumieri stanno già rinascendo, ma diversi. Rimpiango i vecchi salumieri napoletani, anche quelli più mariuoncelli. Sì, ti mettevano un po' di tara in più, ma la mozzarella… se sbagliavano il fornitore della mozzarella, noi non avevamo alcuna pietà. Si andava da altri. Erano costretti a documentarsi, a cercarsi la provola giusta. Dovevano mettere la punta del compasso a Napoli e tracciare il raggio del pianeta dei latticini, l’agro aversano e la piana di Battipaglia. Prima che Barilla ci invadesse, prima che i suoi indisponenti spot facessero credere che erano stati loro a inventare la pasta, mio zio Ciccio pagava fiero il casellante di Castellammare e, in una curiosa 500, scalava le curve per Gragnano. Se ne tornava con tanti di quei pacchi di pasta lavorata con la trafila di rame che le ruote s’abbassavano e in salita doveva ricorrere alla debraiata o doppietta… La resilienza di zio Ciccio indica una possibile resistenza. Se la trafila di rame e la pasta artigianale resistono, resisteranno cannelli, seghetti, crogioli, mole, buratti, smeraldi incisi e corallo. Oggi la grande distribuzione alimentare mi elimina il problema del negozio bollente in estate del vecchio salumiere, l’aria appena mossa dalle pale delle ventole, la fila al banco. L’aria condizionata sostituisce le bizzarre applicazioni di sottili striscioline di plastica sulle porte in funzione anti mosche. Il cloro ed il calcare del rubinetto mi spingono ad accaparrarmi sul Vesuvio acque piemontesi e dolomitiche. Vedo le arance del giardino sotto casa marcire, ma compro agrumi israeliani o brasiliani. Eccola la resilienza. La genuinità e l’autenticità possono farsi brand. La pasta di Gragnano, il più interessante distretto campano, ha performance straordinarie. I piccoli tagliatori di pietre di Jaipur nel Rajasthan erano come i nostri salumieri, i nostri acquedotti, i nostri forni. La nuova divisione del lavoro su scala globale li sta mettendo in un angolo, al margine del business. Ogni volta che ci torno mi bastano pochi minuti e vedo sempre più chiaramente che la concentrazione del grezzo in poche mani potenti (ne parliamo sulla Rivista Italiana di Gemmologia, numero 2) sta mettendo fuori gioco gli outsider. Fino a qualche tempo fa i produttori potevano accedere con limitate risorse agli smeraldi grezzi brasiliani, afgani, pakistani, dello Zambia. Rivoli di materiali affluivano nella Città Rosa, la capitale mondiale dei tagliatori per numero di addetti, di brokers, di artigiani e commercianti. Una volta erano molti di più a tagliare smeraldi a Jaipur. Non dico che si specializzassero in cristalli puri ad occhio nudo di oltre 5 carati. Facevano quello che si poteva, come i macellai. Compravano un pezzo e ci usciva dal primo taglio alla trippa. L’equivalente della trippa negli smeraldi erano i pezzi di berilli con sotto il bianco della calcite, con dentro il nero venoso dello scisto. Nessuna trasparenza, e va beh, chissenefrega. Se ne facevano incisioni curiose, tracciate da solchi simmetrici, curve e collinette. Motivi floreali, strani arabeschi, curve e svolazzi presi un po' dall’Urdu arabizzante dell’impero Mogul. Un mercato disordinato e antico aveva mosche, non aria condizionata. Ma ti trasformava in Marco Polo. Ed ecco di nuovo la via d’uscita, i gem hunters delle TV americane non sono come tanti Marco Polo alla ricerca di unicità, fuori dalla massa? I grezzi del futuro saranno messi in vendita da pochi, potenti gruppi minerari sempre di più in lotti ben assortiti e sostanziosi. Mica è poi così male. Come fa la COOP, i passaggi saranno tracciati e legittimi, gli abusi impediti. Anche tu che mi leggi potrai prenotarti e portarli a tagliare dove più ti conviene. Molto materiale resterà nelle capitali del taglio, ma la filiera sarà cortissima. Tutto si farà per passaggi verticali, dalla miniera all'asta, dal fabbricante al consumatore. La mediazione dei tanti volti, dei tanti ritratti dei broker sparirà. Tutto sarà più fluido, l’intermediazione è orizzontale: non serve più. Il vecchio Johari Bazaar diventerà inutile. A cosa servirà un centro di viuzze congestionate? Le scimmie non precipiteranno più dai terrazzi mentre scelgo gli smeraldi. Faremo tutti più soldi ed in modo sarà più confortevole. Le forze oscure del cambiamento ci narcotizzeranno con il solito refrain del progresso ineluttabile. Ma questo trend pragmatico che ci impone di minimizzare la malinconia o la rabbia, che fa apparire anguste ed impraticabili le strade ed i mondi alternativi, non durerà in eterno. Il cambiamento sarà modificato. Alcune tristezze poco virili non bucano lo schermo e ribellarsi è fuori moda. Ogni sentimento taciuto vale un buono acquisto. I salumieri risorgeranno e venderanno pasta di Gragnano e tormaline Paraiba. |
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Settembre 2019
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