Ci mancava anche questo: il GIA rivela diamanti naturali rivestiti di CVD. Come riconoscerli?21/5/2019 Le risorse a disposizione dello sviluppo dell'industria dei diamanti sintetici sono considerevoli. E a questi non manca l’apporto dell’ingegno dei ricercatori capaci di produrre gemme sempre più similari a ciò che Madre Natura ha lentamente costruito in miliardi di anni. E sempre più insidiose da identificare per il grande pubblico. Il GIA, Gemological Institute of America, ha comunicato di aver rilevato nei propri laboratori una pietra con taglio a cuscino del peso di 0,64 carati che si è rilevata un diamante naturale sottoposto ad un rivestimento superficiale con CVD. L’insolita procedura non è del tutto nuova. Già nel 2017 lo stesso GIA aveva reso pubblico un caso simile, relativo ad una pietra del peso di 0,33 carati. Secondo gli analisti che hanno dato l’aggiornamento sul numero di Gems and Gemology della Primavera 2019 lo scopo dell’inedito trattamento risiede nel miglioramento del colore poiché la componente naturale, alquanto tendente al giallo, combinata con la tinta blu-verdastra della deposizione CVD, ha dato luogo ad una piacevole composizione cromatica fancy bluastra-verdastra-blu. Per rendere più comprensibile questo trattamento al grande pubblico - in estrema sintesi - lo si può accostare alla tecnica utilizzata per produrre il fantomatico "Diamone", solo che questa volta la base di partenza non è un Cubic Zirconia, bensì un diamante naturale la cui superficie è stata "pennellata" da alcuni strati di diamante sintetico CVD. L'alchimista che studia gli abbellimenti che possono ingannare i meno esperti ha cambiato sistema. Per confonderci le idee invece di usare un minuscolo seme di diamante naturale, per poi produrre una gemma di dimensioni consistenti nel processo di accrescimento del sintetico, ha utilizzato un seme particolarmente grande in rapporto alle dimensioni finali della pietra. Per quale motivo? Semplice: utilizzare la quantità di azoto N3 per bypassare i macchinari meno evoluti per identificare i diamanti sintetici. Infatti i test che di protocollo il GIA ha effettuato hanno mostrato risultati contrastanti. Vi erano nella gemma caratteristiche riferibili alla presenza di azoto (Tipo Ia) ma anche tracce di Boro, che conferisce una tinta tendente al grigio-blu (quindi di tipo IIb), caratteristico dei CVD sintetici. ![]() Fig. 2 - I diamanti sintetici HPHT o CVD possono essere gialli (tipo Ib a sinistra), blu (tipo IIb in basso al centro) o incolori (tipo IIa a destra), come si evince da queste immagini di diamanti sintetici CVD ottenute da “Scio Diamonds” (sinistra e destra) e diamanti sintetici HPHT da “The Advanced Optical Technology of Canada” (in basso). La maggior parte dei diamanti naturali sono di tipo Ia (oltre il 97%) e, in casi molto rari, i diamanti sintetici HPHT sono una miscela di Ia e Ib. (Foto: Branko Deljanin, pubblicata su Rivista Italiana di Gemmologia nr.0 nell'articolo "Esame e identificazione dell'origine sintetica dei diamanti") Anche sottoponendo il diamante in questione ad analisi più specifiche, ad esempio utilizzando il DiamondView, la pietra ha mostrato il duplice volto di pietra naturale nella parte osservata dal padiglione e sintetica se analizzata dalla corona. Consiglio per difendersi in questo mondo in continua evoluzione: AGGIORNATEVI!!! Ogni giorno una nuova diavoleria esce sul mercato: fortunatamente la divulgazione delle notizie frena il propagarsi di tali ingegnose truffe, basta non essere superficiali nell'effettuare le analisi. L'Istituto Gemmologico Gem-Tech organizzerà a Marzo 2019 due corsi sul diamante nella nuova aula gemmologica del Centro Orafo Oromare di Marcianise (CE). I corsi sono tenuti dal docente IGI Francesco Sequino. Dal 4 all'8 marzo sarà possibile seguire il corso base "Analisi qualitativa e valutazione del diamante I", mentre dal 18 al 22 marzo si terrà il corso di specializzazione "Analisi qualitativa e valutazione del diamante II". Al termine dei corsi di gemmologia Gem-Tech si riceverà un Diploma IGI International Gemological Institute Antwerp, il primo passo verso l'acquisizione della qualifica di Graduate Gemologist. Ricordiamo a tutti gli interessati che i posti sono limitati, quindi consigliamo di iscriversi quanto prima. Prenotando due corsi, inoltre, sarà possibile usufruire di uno sconto del 10%! Per informazioni e prenotazioni, invia una mail a corsi@gem-tech.org oppure contattaci tramite la Pagina Facebook Gem-Tech Istituto Gemmologico. I corsi di gemmologia IGI, tenuti dai cinque distretti distribuiti sul territorio italiano, sono da sempre un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono integrare le proprie conoscenze attraverso un percorso che coniuga approccio teorico ed applicazioni pratiche. Il parco pietre a disposizione degli studenti è il più completo a disposizione e comprende gemme di colore e pietre semipreziose naturali, trattate e sintetiche; diamanti naturali e sintetici; diamanti grezzi, perle, corallo, ambra ed una vasta gamma di materiali organici e fossili. Noi crediamo che il mondo proceda a scatti. Ma quando cambia qualcosa non succede simultaneamente per tutti. Se alcuni nostri antenati scoprirono la ruota, poniamo, in Mesopotamia, in Europa la ignoravano. Per secoli, dopo che Gutenberg iniziò la stampa, si continuò a compilare e a scrivere a mano. Questa è una trappola in cui cadono anche i gemmologi. Più sono bravi, più hanno pratica di casi aggiornati, più si inoltrano nelle conoscenze e più pensano che queste conoscenze siano alla portata di tutti. Un gemmologo non può respirare senza un lentino al collo. Deve sapere che a tre metri da lui c’è un microscopio, un rifrattometro, uno spettrofotometro. Tutte le avanguardie di specialisti dimenticano la vita normale e quotidiana. Quella realtà in cui le cose sono sempre più approssimative, sfocate, incasinate. E i casi della vita tornano al laboratorio, sotto forma di pietre da analizzare. Oppure, se volete, come resoconti al dottore. Ci è stato sottoposto un anello di buona manifattura con una pietra verde contornata da pietre incolori, che dopo analisi si sono rivelate diamanti naturali: fin qui nessun problema. La pietra verde di medio/alta saturazione, con tonalità leggermente tendente al giallo (tipico colore degli smeraldi provenienti dalla Colombia) presenta anche ad occhio nudo diverse fratture ed inclusioni. A questo punto il ragionamento della stragrande maggioranza degli operatori è il seguente: a) i diamanti sono naturali (mediamente di colore I/J purezza Si). b) lo smeraldo (ipotetico) presenta diverse imperfezioni. Se sommiamo entrambe le considerazioni, si può arrivare a questa conclusione: quest'ultimo non può che essere naturale. Purtroppo, nonostante il lentino evocasse una scena consueta negli smeraldi, contraddistinta da frequenti fessurazioni e formazioni granulari, la pietra in questione si è rivelata essere un'imitazione. Il punto sta qui: difficilmente un operatore dispone di altro. È già molto che egli utilizzi una buona lente a 10 ingrandimenti. Questa pietra però richiede un po’ di più. Un laboratorio attrezzato ormai, per velocità, salta il microscopio e la strumentazione tradizionale e sottopone immediatamente la pietra ad un veloce check con la tecnologia "Raman"… ed ecco spuntare picchi anomali che inducono al dubbio. Dal dubbio si passa alla certezza che la pietra non sia naturale, perché le inclusioni indotte ad arte non riconducono a niente dell'habitat in cui cresce uno smeraldo. Ma anche qui è necessaria una galleria fotografica a portata di mano per confrontare ciò che si sta osservando con un set di immagini affidabili, oltre ad un microscopio a campo scuro di almeno 45 ingrandimenti. Fig. 3 e 4 - Osservando la pietra al microscopio si nota l'assenza di minerali o cristalli inclusi (come ad esempio Mica, Albite, Dolomite e/o Calcite) e delle tipiche bifasi. Al loro posto bolle di gas e fratture indotte.
di Francesco Sequino Ma queste benedette pietre, chi le fa? I nostri lettori sono molto incuriositi non solo dagli effetti dei trattamenti e dall'evoluzione delle sintesi delle principali gemme in commercio, ma anche da coloro che le producono. Chi ha la scintilla che permette poi di intervenire su un cristallo migliorandone la bellezza? Chi sono coloro che hanno l'intuito per riprodurre in laboratorio, in tempi brevissimi, ciò che la natura impiega intere ere geologiche per aggregare in modo ordinato gli atomi? La maggior parte di voi immagina costoro come scienziati intenti in calcoli numerici complicatissimi per far quadrare le formule chimiche… La fase successiva? Magari chiameranno in causa laboratori specializzati ed asettici per prove e sperimentazioni... e per finire forse si passerà per strutture dotate con strumenti ad alto contenuto tecnologico per produrre materiale gemmologico di alta qualità da immettere sul mercato... Dimenticate. Non c’è niente di tutto questo, almeno per quanto riguarda la stragrande maggioranza delle pietre di colore. Chi si aspetta che la scoperta di come temperatura, pressione e alcuni elementi chimici possa alterare la bellezza delle pietre sia affidata a scienziati plurilaureati rimarrà deluso e non poco. Infatti da decenni il trattamento e la creazione di sintesi è spesso e volentieri affidata più ad alchimisti che a tecnici specializzati. Avete letto bene, ho parlato di "alchimisti" perché, proprio come accadeva secoli fa, questi personaggi molto ingegnosi miscelano con saperi tramandati (spesso non sanno né leggere né scrivere) le misture che hanno a disposizione ed utilizzano la temperatura con maestria, anche se non sanno che l'energia assorbita dalla pietra cambia la disposizione o le valenze degli atomi. Quindi come gli alchimisti utilizzavano code di rospo e occhi di serpente, allo stesso modo agenti cromofori sono inseriti in crogioli di fortuna o in fornaci di indubbia tecnologia ma di accertata utilità per avere gemme d'immensa bellezza a prezzi contenuti. La sperimentazione è continua, si utilizzano grezzi di basso valore o di origine sintetica. I più organizzati segnano su un block notes la durata del trattamento, la temperatura utilizzata e l'elemento inserito nella fornace insieme alla pietra… e si aspetta e si spera, dopo tanti tentativi, che l'effetto sia quello desiderato. E talvolta i benefici economici ripagano abbondantemente l'intuito, come avvenne ad esempio con il trattamento al berillio dei corindoni. Altrimenti si continua all'infinito, alla ricerca del legame perfetto. Un giretto nei laboratori segreti in Thailandia Siamo entrati in uno di questi laboratori thailandesi dove si sperimenta e si creano le nuance che influenzeranno i gioielli del domani. Mentre in alcune stanze la produzione già collaudata confeziona gemme da vendere, in altre ali del fabbricato s'intravedono forni al lavoro, boccette (più simili a barattoli della Nutella riutilizzati che ad ampolle da chimici) contenenti polveri di vario colore e con scritte in alfabeto thai incomprensibili a noi poveri occidentali, dovunque bacinelle di plastica (identiche a quelle che utilizziamo per la biancheria) contenenti grezzi da sacrificare o già "martiri" della causa. Bombole di gas alla rinfusa e cannelli di vario genere accumulati qua e là, tra di essi s'intravedono piatti sporchi e residui di pasti. Animali ed insetti girovagano indisturbati anche su una parte dello stabile andata a fuoco in uno dei tanti tentavi malriusciti. Il rischio per chi lavora qui è altissimo: norme di sicurezza inesistenti, materiale infiammabile accumulato nei pressi di forni arrangiati, fili elettrici assemblati in modo artigianale per aumentare l'efficienza dell'erogazione (l'energia elettrica è fondamentale). Entrare in questi ambienti non propri sicuri non incute timore: la rigogliosa vegetazione in cui è immersa la struttura, il sorriso e l'ospitalità dei proprietari, l'ingenuità e la naturalezza dei comportamenti dei presenti ti mettono a proprio agio. Hai una sola preoccupazione per la tua incolumità: i cani che presidiano l'area, molto efficienti… forse troppo! Dopo i primi convenevoli, la mia sete di sapere induce prima l'occhio a indagare al di là del consentito, poi arriva il momento delle domande: credo che il mio entusiasmo fosse tale che ai poveri alchimisti sia sembrato più di far parte di un interrogatorio che di una conversazione tra amici. Non so se per colpa dell'interprete (i nostri interlocutori parlavano esclusivamente thai) poco avvezzo ai termini gemmologici, o per la scaltrezza dei padroni di casa, ma ogni mia domanda è stata driblata ad arte e ogni mia curiosità mai appagata completamente. Per capirne di più, inizio ad essere più intraprendente e cerco di osservare i grezzi prima del trattamento e quelli che hanno già subito gli effetti della fornace, azione che infastidisce un po’ i proprietari di casa… educatamente mi rimetto in regola, anche perché la presenza dei cani non è rassicurante per chi disobbedisce agli ordini della casa. Adesso si trattano i corindoni sintetici Il mio rispetto e la discrezione più o meno obbligata viene in parte ripagata: i miei amici mi fanno assistere al trattamento di alcuni corindoni sintetici. Partendo da alcuni campioni (circa un migliaio di pezzi) di pietre già faccettate o di preformati di colore sbagliato (non sempre le ciambelle riescono col buco e anche le boule di grezzo di corindone qualche volta escono di colore poco gradevole e non commercializzabile) sono inseriti in alcuni forni con ambienti ossidanti oppure riducenti a temperature comprese tra i 1.000 °C e quelle estreme di 1.750-1.850°C; in alcune fornaci sono inserite delle polverine, miscugli di Titanio, Berillio ma anche Boro e se non erro Nichel e altri elementi ferrosi (in quelle circostanze il dubbio è d'obbligo). Il tempo di esposizione termica dei campioni è molto variabile dalle poche ore ai mesi, in molti casi la temperatura non è costante durante il tempo del trattamento ma giostrata con maestria. Naturalmente non ho potuto assistere a tutte le fasi, anche perché la mia visita è durata qualche ora, ma ho potuto constatare attraverso alcuni campioni esibiti che l'effetto dei trattamenti in molti casi cambia completamente l'apparenza delle gemme. Ho trattenuto alcuni corindoni sintetici che hanno subito dei trattamenti, per analizzarli nel mio laboratorio. Sono tutte pietre ottenute con il procedimento di fusione alla fiamma comunemente chiamati "Verneuil", ma con colori insoliti. L'arancio "padparadscha" abbandona le sfumature accese del sintetico per rilasciare un marroncino appena percettibile che rende la pietra in apparenza più "realistica", il rosso rubino acquista una parvenza di porpora avvicinandosi alle tinte del materiale estratto in Madagascar, per non parlare del corindone sintetico dal colore identico a quello della Tsavorite. I miei colleghi più affermati obietteranno sicuramente che il riconoscimento di tali gemme è cosa molto elementare: linee di accrescimento, curve e microscopiche bolle di gas sono segni tangibili della natura sintetica, ed il trattamento nelle fornaci non lascia segni che strumenti o microscopi possano identificare. Qual è dunque il messaggio che l'articolo vuol recapitare? Semplice, ogni qual volta un grossista di gemme si avvicina a una pietra da acquistare la osservasse per benino, ogni minuto si sperimenta una diavoleria differente e TU potresti essere vittima di un incauto acquisto prima che qualche gemmologo riesca ad identificare e a rendere noto alla comunità l'alchimia di turno. Per il momento godiamoci le tinte ottenute e restiamo in campana: le truffe, fisicamente, fanno meno male dei cani da guardia, ma lasciano indelebili segni sull'integrità morale, anche se ignaro, del commerciante. La seconda settimana di settembre del 2018 sono state sottoposte a Gem-Tech per l’analisi 2 pietre taglio cuscino.
La persona che ci ha affidato le gemme ha asserito di essere in contatto con una fonte diretta che importa tali gemme uniche dallo Sri Lanka, da una non precisata nuova miniera dalla quale si estrae del Crisoberillo. Infatti tali pietre dovrebbero (secondo lui) appartenere a tale specie, di cui quella bruna/rossastra della pregiata varietà "Alessandrite". A prima vista la lucentezza non molto decisa che si avverte osservando le faccette della corona induce a più di un dubbio, ma spesso la prima impressione è quella sbagliata. Meglio procedere con l'analisi strumentale. AnalisiDopo un'attenta analisi le due pietre risultano essere dei materiali amorfi, comunemente chiamati vetri, ma la particolarità riscontrata, soprattutto analizzando la pietra bruna/rossastra, è che rilevando gli indici di rifrazione in diverse posizioni e in diversi punti della pietra le letture sono ben 7 diverse tra loro. Questa, per una pietra monorifrangente, non è cosa comune! Ma vediamo nei dettagli i rilievi effettuati: Pietra dal colore Verde chiaro Massa ct: 4.96 Fluorescenza O.L./O.C.: Inerte / Inerte Esame al polariscopio: sempre estinta Esame al rifrattometro: due indici rilevati, 1,685 e 1,689 Densità: 3.89 g/cm3. Nessuno di questi dati si avvicina minimamente a quelli di un Crisoberillo, ma per sollevare qualsiasi dubbio si sottopone la pietra ad analisi spettrofotometrica utilizzando il "Gemmoraman532". Principali picchi in fotoluminescenza a 624 cm-1 3672 cm-1 3681 cm-1. Paragonando tale spettro a quelli nel database inerenti i crisoberilli di tonalità simili alla pietra analizzata, i pochi dubbi svaniscono completamente. Per quanto riguarda la pietra dal colore bruno\rossastro, l'aspetto ricorda più una brutta Andalusite che un Alessandrite, infatti piuttosto che una cangianza di colore in base alla fonte luminosa si possono osservare dei forti bagliori rossicci sulle faccette della corona, mentre il resto della pietra resta di colore bruno/marroncino. Questo fenomeno, che nell'Andalusite è causato dal forte pleocroismo, nella pietra analizzata, utilizzando il dicroscopio, è completamente assente. Massa: cts 5,92 Fluorescenza O.L./O.C.: Inerte / Inerte Esame al polariscopio: sempre estinta Esame al rifrattometro: sette indici rilevati (1,665; 1,668; 1,672; 1,675; 1,685; 1,692; 1,710). Ad ogni lettura nessuna oscillazione muovendo il vetrino. Densità 3.82 g/cm3. La seconda pietra è stata sottoposta ad analisi spettrofotometrica, ed anche in questo caso il risultato è eloquente. È il momento della Grandidierite. Non tutti sanno cos'è. Si tratta di un minerale - formula chimica (Mg,Fe2+) (Al,Fe3+)3(SiO4)(BO3)O2 - che prende il nome dal naturalista ed esploratore francese Alfred Grandidier, il primo che agli albori dello scorso secolo ne studiò le caratteristiche e l'identificò. Fino a qualche anno fa era annoverato tra i più rari e cari esistenti nel panorama delle gemme. Il prestigioso magazine "Forbes" addirittura lo inserisce al terzo posto delle gemme più care al mondo, dopo il diamante rosso e la Taaffeite, con una valutazione di circa $20.000 al carato. La scoperta di un nuovo giacimento nel sud del Madagascar vicino al villaggio di Tranomaro, con conseguente immissione sul mercato di un'interessante quantità di materiale, ha permesso un cospicuo ridimensionamento dei prezzi all'ingrosso di tale gemma. Il dilemma è il solito: questa nuova miniera non avrà riserve infinite. Quando scarseggerà di nuovo quale sarà il prezzo di tale minerale? Si troveranno altri giacimenti che possano sopperire ad un eventuale esaurimento delle scorte? Considerando che, al momento, il mercato offre questo minerale a un prezzo abbordabile perché non sfruttare l'occasione di conoscere più da vicino questa gemma dalle caratteristiche più uniche che rare? Ben 18 campioni sono stati analizzati dal nostro laboratorio. Si tratta di un lotto dal peso complessivo di 38.94 ct che comprende esemplari di dimensioni ridotte (la più piccola pesa 0.68 ct) fino a raggiungere carature interessanti come 5.78 ct e 6.64 ct. Dopo aver effettuato i rilievi di routine, si è passati a rilevare i dati relativi a questo borosilicato di alluminio e magnesio appartenente al sistema cristallino Ortorombico. La Grandidierite è una pietra biassica con indice di rifrazione compreso tra i 1.575 ai 1.635 con una forte birifrangenza che varia tra i 0.033 ai 0.040, densità compresa tra 2.88 ai 3.00 g\cm3, discreta la durezza 7,5 della scala di Mohs che la rende utilizzabile nella gioielleria, anche se la presenza di netti piani di sfaldatura la rendono difficile da tagliare, spesso condizionandone bellezza, dimensioni e forma. In apparenza questa pietra si presenta di una colorazione dal blu/verdognolo (il blu è conferito dalla presenza di Ferro) dal traslucido al trasparente, con lustro vitreo presentando un tricroismo dal medio al forte e dall'azzurro-grigiastro/verde, blu-verdastro/incolore-giallo molto tenue. Anche le pietre più cristalline non sono quasi mai prive di inclusioni e fessurazioni (spesso affioranti). Risulta essere inerte ai raggi UV sia a 365 che a 253nm. La natura metamorfica legata all'esposizione delle rocce ad alta temperatura e bassa pressione fa sì che la Grandidierite si ritrovi in rocce alogene ricche di boro spesso associata al quarzo, ma anche a diopside, sinhalite e tormalina. Proprio l'esplorazione di zone minerarie alla ricerca di tormalina e in particolare dell’introvabile "Tormalina Paraiba" ha attirato l'attenzione su grezzi di Grandidierite dal colore simile. Abbiamo in seguito proceduto ad una analisi microscopica, in cui è possibile notare degli ossidi in fratture risanate. Successivamente abbiamo effettuato delle rilevazioni con spettrofotometria a fotoluminescenza Raman. Questi i principali picchi riscontrati in fotoluminescenza: 4258 cm-1 4.270 cm-1 4.320 cm-1 4.325 cm-1 4.392 cm-1 4.426 cm-1 4.463 cm-1 4 .524 cm-1 4.554 cm-1 4.610 cm-1 I grafici seguenti rappresentano i picchi Raman. In conclusione, la grandidierite in questa fase di mercato non è più un materiale di difficilissimo reperimento. Si registra da qualche mese una migliorata disponibilità che rende possibile l’acquisizione in gioielleria, oltre che nel complesso mercato del collezionismo dei minerali rari. Durerà questa tendenza? Senza una palla di vetro riteniamo che forse è il momento opportuno per avvicinarsi alla grandidierite. I costi sono infatti abbordabili e difficilmente potranno toccare picchi ancora minori. GemTech, organizzazione per la divulgazione e la ricerca gemmologica, e MAGILabs, produttore di strumentazione gemmologica avanzata utilizzata in tantissimi laboratori in tutto il mondo, hanno siglato un accordo per l’allestimento di un corso completo dedicato alle applicazioni spettrofotometriche in gemmologia. Il prossimo appuntamento è il 19 ottobre 2018, con il modulo sulle Applicazioni in gemmologia di Spettroscopia ad infrarossi a trasformata di Fourier (FTIR). Il corso è unico in Italia è tra i pochi in Europa ed è concepito per orientare gli studiosi che hanno già acquisito pratica e competenze di Gemmologia microscopica alla frontiera ormai decisiva dell’indagine spettroscopica, destinata a rivoluzionare le tecniche strumentali di rilevazione. Ormai senza questo approccio diventa assai problematico l’identificazione rapida ed efficace di moltissimi trattamenti cui sono sottoposte le gemme ed il riconoscimento dei diamanti sintetici. Questo percorso si rivolge ad un pubblico con conoscenze avanzate e, seppure tenuto in italiano, richiede un livello adeguato di comprensione dell’inglese, lingua utilizzata per le slide esplicative e nella quale è disponibile la quasi totalità della bibliografia e degli approfondimenti. Il corso si suddivide in 4 moduli, ciascuno della durata di una giornata. A completamento di ciascun modulo verrà rilasciato un attestato relativo al corso frequentato. A completamento dei quattro moduli verrà rilasciato un attestato che riporterà le competenze spettrofotometriche complessive che gli iscritti avranno conseguito, secondo il seguente schema: · SEZIONE 1 – 18 GIUGNO 2018 Applicazioni in gemmologia di tecniche di spettrofotometria Raman e fotoluminescenza · SEZIONE 2 – 19 OTTOBRE 2018 Applicazioni di spettroscopia ad infrarossi a trasformata di Fourier (FTIR) · SEZIONE 3 – MARZO 2019 Applicazioni di spettroscopia UV-VIS-NIR · SEZIONE 4 – GIUGNO 2019 La spettroscopia a fluorescenza Importante: Non è necessario che si partecipi ai corsi nella sequenza sopra riportata. Gli iscritti ai moduli potranno cominciare da qualunque modulo per poter poi completare le sezioni allorché saranno riproposte. I corsi saranno tenuti da Alberto Scarani (Accredited Senior Gemologist AGA, GG International Gemological Institute) con l’assistenza di Francesco Sequino (FGA Fellow of the Gemological Association GEM-A, AG IGI International Gemological Institute, Accredited Gemologists Association AGA). Alberto Scarani ha acquisito una considerevole reputazione da parte dei più autorevoli gemmologi a livello mondiale, prima come amministratore della celebre piattaforma Gemologyonline e poi come produttore di strumentazione avanzata in collaborazione con Mikko Åström. La sua attività lo ha portato a collaborare con elementi di spicco di svariati istituti gemmologici ed a presentare contributi nei più importanti eventi gemmologici mondiali. È anche tra i fondatori ed editori della Rivista Italiana di Gemmologia. Francesco Sequino, dopo aver conseguito il livello FGA presso il prestigioso GEM-A è dal 2012 docente di Gemmologia per conto dell’International Gemological Institute. Ha maturato una consistente esperienza didattica ed ha iniziato a collaborare a progetti di ricerca con il mondo accademico. La gemmologia internazionale sceglie Marcianise, ed in particolar modo il Centro Orafo Oromare, per la seconda edizione del Meeting Gemmologico IGI Alumni, che vedrà la luce il 18 giugno 2018. Il consueto evento gratuito di aggiornamento per gemmologi, gioiellieri, operatori del settore e studenti si arricchisce quest’anno grazie alla collaborazione tra il mondo accademico ed universitario, il mondo del commercio, quello delle aziende produttrici di strumentazione scientifica e quello della certificazione gemmologica. Questa sinergia si concentra nei tre seminari proposti durante la giornata, due mattutini, ad accesso libero ed aperti a tutti (con rilascio di attestato di partecipazione), ed un corso di approfondimento specialistico sulle tecniche spettrofotometriche, attualmente unico in Europa, a pagamento con tariffa promozionale per i soci IGI Alumni. Michele Macrì, mineralogista esperto in una grandissima quantità di materiali preziosi sia per il collezionismo che per l’uso in gioielleria e curatore del Museo di Scienze della Terra della Sapienza Università di Roma, aprirà il Meeting proponendo, nel suo seminario “Quanto vale una gemma?”, una serie di riflessioni sulla scorta della sua notevole esperienza in tutto il mondo a proposito dei fattori che costituiscono la base del valore delle pietre preziose. È inutile dirlo, è proprio il problema di come valutare diamanti, zaffiri e rubini quello che riguarda da molto vicino i gioiellieri, spesso preoccupati di non sapersi orientare in modo professionalmente aggiornato. Come si evolve il processo di identificazione dei materiali gemmologici? Quali sono le strumentazioni più adeguate per raggiungere velocemente certezze diagnostiche? Alberto Scarani, G.G. e cofondatore di MAGILabs, il più importante costruttore mondiale di apparecchiature spettrofotometriche per uso gemmologico, guiderà il pubblico a scoprire le nuove frontiere della spettrofotometria e le nuove prospettive della moderna indagine gemmologica attraverso il secondo seminario del Meeting, “Modernizzare la Gemmologia”, in collaborazione con Francesco Sequino (A.G. e docente International Gemological Institute). Presenzieranno all’evento, oltre ai relatori, Francesco Alberico (Amministratore Oromare Promogest SRL), Roland Lorié (CEO International Gemological Institute), Manuela Rossi (Docente di Mineralogia dell’Università di Napoli Federico II), Paolo Minieri (Presidente IGI International Gemological Institute Italy), Roberto De Laurentiis (Presidente Consorzio Antico Borgo Orefici e Federazione Orafi Campani) e Luigi Costantini (Coordinatore e Liaison Officer IGI International Gemological Institute Italy). La sessione mattutina si concluderà con la cerimonia di consegna dei diplomi gemmologici agli studenti che hanno concluso con profitto i corsi International Gemological Institute dell’anno. Durante l'evento sarà possibile registrarsi all'Associazione IGI Alumni ed acquistare l'abbonamento annuale alla Rivista Italiana di Gemmologia, oltre a poter ritirare una copia gratuita di valutazione. Il pomeriggio sarà riservato alla prima tappa di un corso volto alla familiarizzazione con le tecniche avanzate di indagini spettrofotometriche in gemmologia. Il corso è inedito in Italia ed al momento non risultano esserci corsi corrispondenti in Europa. Queste tecniche di indagine stanno diventando sempre più decisive nell’esperienza dei laboratori di identificazione, poiché offrono soluzioni assai rapide e precise nel processo diagnostico. Il punto fondamentale, però, risiede nel fatto che le strumentazioni necessarie non sono al momento disponibili ed accessibili per tutti i laboratori. Alberto Scarani e Mikko Åström sono due gemmologi che stanno ottenendo eccellenti risultati in tutto il mondo nel campo della diffusione di sistemi da loro progettati e prodotti. In particolare Alberto Scarani si è distinto negli ultimi anni per un’intensa attività di promozione e di divulgazione tesa a consentire ad un vasto pubblico l’accesso alle tecniche più avanzate nel campo della spettrofotometria. Innumerevoli sono le applicazioni che trovano un utilizzo immediato nella vita quotidiana del laboratorio gemmologico. Si pensi solamente all’identificazione dei diamanti CVD e HPHT, alla rilevazione di riempienti e di materiali infiltrati negli smeraldi e nei corindoni, all’impregnazione di giada e corallo con polimeri, alla determinazione dell’origine del colore nelle perle coltivate d’acqua dolce. Ma i risultati decisivi che offrono i picchi rilevati nell’indagine spettrofotometrica sono innumerevoli tanto da poter pensare che le applicazioni non resteranno nella pratica dei singoli casi ma consentiranno a tutti coloro che si familiarizzano con essa di poter effettuare ricerche innovative sui più disparati materiali che costituiscono l’oggetto del lavoro di identificazione. Per partecipare gratuitamente alle sessioni mattutine del Meeting Gemmologico IGI Alumni 2018 è necessario iscriversi tramite il form sul sito www.gem-tech.org. Attraverso il sito è possibile, inoltre, fare domanda di iscrizione al modulo pomeridiano “Applicazioni in gemmologia di tecniche spettrofotometriche Raman e fotoluminescenza”, con sconto promozionale riservato ai membri IGI International Gemological Institute Italy in regola con l’iscrizione per l’anno 2018. |
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Maggio 2019
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