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Ci mancava anche questo: il GIA rivela diamanti naturali rivestiti di CVD. Come riconoscerli?

21/5/2019

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Le risorse a disposizione dello sviluppo dell'industria dei diamanti sintetici sono considerevoli. E a questi non manca l’apporto dell’ingegno dei ricercatori capaci di produrre gemme sempre più similari a ciò che Madre Natura ha lentamente costruito in miliardi di anni. E sempre più insidiose da identificare per il grande pubblico. 

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Fig. 1 - La pietra analizzata di 0,64 carati. Si è rilevato che 0,1 ct è il peso del rivestimento costituito da CVD. Il trattamento incide principalmente sul colore. (Foto: Robison McMurtry, pubblicata su Gia.edu)

Il GIA, Gemological Institute of America, ha comunicato di aver rilevato nei propri laboratori una pietra con taglio a cuscino del peso di 0,64 carati che si è rilevata un diamante naturale sottoposto ad un rivestimento superficiale con CVD. L’insolita procedura non è del tutto nuova. Già nel 2017 lo stesso GIA aveva reso pubblico un caso simile, relativo ad una pietra del peso di 0,33 carati.
 
Secondo gli analisti che hanno dato l’aggiornamento sul numero di Gems and Gemology della Primavera 2019 lo scopo dell’inedito trattamento risiede nel miglioramento del colore poiché la componente naturale, alquanto tendente al giallo, combinata con la tinta blu-verdastra della deposizione CVD, ha dato luogo ad una piacevole composizione cromatica fancy bluastra-verdastra-blu.
 
Per rendere più comprensibile questo trattamento al grande pubblico - in estrema sintesi - lo si può accostare alla tecnica utilizzata per produrre il fantomatico "Diamone", solo che questa volta la base di partenza non è un Cubic Zirconia, bensì un diamante naturale la cui superficie è stata "pennellata" da alcuni strati di diamante sintetico CVD. 
 
L'alchimista che studia gli abbellimenti che possono ingannare i meno esperti ha cambiato sistema. Per confonderci le idee invece di usare un minuscolo seme di diamante naturale, per poi produrre una gemma di dimensioni consistenti nel processo di accrescimento del sintetico, ha utilizzato un seme particolarmente grande in rapporto alle dimensioni finali della pietra. Per quale motivo? Semplice: utilizzare la quantità di azoto N3 per bypassare i macchinari meno evoluti per identificare i diamanti sintetici. 
 
Infatti i test che di protocollo il GIA ha effettuato hanno mostrato risultati contrastanti. Vi erano nella gemma caratteristiche riferibili alla presenza di azoto (Tipo Ia) ma anche tracce di Boro, che conferisce una tinta tendente al grigio-blu (quindi di tipo IIb), caratteristico dei CVD sintetici.
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Fig. 2 - I diamanti sintetici HPHT o CVD possono essere gialli (tipo Ib a sinistra), blu (tipo IIb in basso al centro) o incolori (tipo IIa a destra), come si evince da queste immagini di diamanti sintetici CVD ottenute da “Scio Diamonds” (sinistra e destra) e diamanti sintetici HPHT da “The Advanced Optical Technology of Canada” (in basso). La maggior parte dei diamanti naturali sono di tipo Ia (oltre il 97%) e, in casi molto rari, i diamanti sintetici HPHT sono una miscela di Ia e Ib. (Foto: Branko Deljanin, pubblicata su Rivista Italiana di Gemmologia nr.0 nell'articolo "Esame e identificazione dell'origine sintetica dei diamanti")

​Anche sottoponendo il diamante in questione ad analisi più specifiche, ad esempio utilizzando il DiamondView, la pietra ha mostrato il duplice volto di pietra naturale nella parte osservata dal padiglione e sintetica se analizzata dalla corona. Consiglio per difendersi in questo mondo in continua evoluzione: AGGIORNATEVI!!! Ogni giorno una nuova diavoleria esce sul mercato: fortunatamente la divulgazione delle notizie frena il propagarsi di tali ingegnose truffe, basta non essere superficiali nell'effettuare le analisi.

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