Al laboratorio di GemTech due rubini calibrati, economici e misteriosi. Ecco cosa abbiamo scovato4/9/2017 di Francesco Sequino Analizzare un corindone per determinarne origine ed identificare gli eventuali trattamenti è spesso complicato. Alcuni elementi possono essere infatti interpretati in modo errato poiché le caratteristiche chimiche di un corindone sintetico e di uno naturale spesso sono identiche rendendo una buona parte della strumentazione tradizionale del gemmologo, quali il rifrattometro e la bilancia idrostatica, praticamente inutile. Anche una parte degli strumenti spettrofotometrici non può dare certezze all’analista. Resta allora l’unico compagno fedele, lo strumento che è quasi un’estensione del corpo del gemmologo: il microscopio. Pochi giorni fa sono state portate alla nostra attenzione due pietre molto simili, dal peso rispettivo di 2,13 e 2,27 carati, provenienti da uno stesso lotto. Entrambe mostravano un’attraente colorazione di un rosso abbastanza saturo tendente allo scuro con lieve tono rosa, apparentemente quasi identiche. La preliminare indagine microscopica ha rivelato che la somiglianza era solo apparente. In una, infatti, erano visibili linee di frattura risalenti in superficie, mentre la caratteristica prevalente dell’altra consisteva nella presenza di una ragnatela alquanto regolare di veli ritorti. Eseguendo gli altri test rifrattometrici non ho avuto indicazioni decisive se non che si trattava, in entrambi i casi, di corindoni. A questo punto mi sono risolto di immergere le gemme in ioduro di metilene, la sostanza utilizzata per rilevare di prassi l’indice di rifrazione. E proprio l’effetto dell’illuminazione filtrata dallo ioduro di metilene ha consentito un nettissimo miglioramento della definizione degli elementi riempienti estranei e infiltrati. Ciò mi ha rivelato una forte possibilità che la gemma a destra poteva trattarsi di un corindone naturale con vaste fessurazioni accentuate dal trattamento termico ben visibilmente riempite da elementi di fusione ben cristallizzati che hanno preso un deciso colore nerastro. Ma il vantaggio dell’immersione nel liquido contrastante ha avuto anche l’effetto di pormi in primo piano, a un numero di ingrandimenti superiore, un cristallo incluso individuabile nella forma come esagonale. Benché le due gemme mi siano state portate assieme, ho cominciato a dubitare che avessero le stesse proprietà e che quindi fossero della stessa origine. Infatti nella gemma di sinistra ho potuto riscontrare una totale assenza di cristalli o altri tipi di inclusione di origine naturale. Mentre la conformazione dei veli ritorti mi ha ricondotto ad ipotizzare che si trattasse di un sintetico con inserzioni di fondente, che non è infrequente ritrovarsi in commistione con le pietre naturali. Il prezzo di vendita di queste gemme è compatibile con quelle relative al materiale naturale africano con trattamento termico molto accentuato e con riempimento e ricristallizzazione delle fratture. Ma le stesse quotazioni non sono corrette se si parla di materiale completamente sintetico. Pare che questa problematica di materiali sintetici offerti in maniera promiscua con quelli naturali (anche se fortemente trattati) sia in aumento ed è rilevabile proprio dalle quotazioni con cui alcuni prodotti sono posti in vendita. Chi frequenta infatti i mercati di origine sa bene che la tendenza per pietre superiori al carato è in forte rialzo, a causa della continua domanda nei mercati dell’estremo oriente. In conclusione, seppur è possibile proporre rubini con un forte trattamento termico, a patto che questo venga correttamente rilevato nei dati di accompagnamento dei gioielli, è assolutamente da biasimare l’utilizzo di gemme sintetiche senza che ne siano dichiarate le effettive proprietà e caratteristiche. L’utilizzo promiscuo fa pensare che gli effetti possano complicare le pratiche di identificazione se non sono particolarmente accurate e se non vengono espletate meticolosamente pietra per pietra. Certamente il ruolo del gemmologo è prevalentemente tecnico e periziale. Dobbiamo rispondere caso per caso al mercato che ci impone dati tecnici risolutivi. Eppure, insieme ad altri colleghi, avvertiamo la necessità di diffondere la conoscenza di questi casi poiché il comportamento scorretto non può che riverberarsi sulla considerazione, sulla stima e sulla fiducia che i consumatori finali mostreranno nel prossimo futuro allorché dovranno acquistare un oggetto cosiddetto prezioso. |
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Maggio 2019
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