di Paolo Minieri. You can download the english version here: Pigeon Blood. A poetic description turning into a brand oriented quality grade. Quando il nome sangue di piccione non piaceva più. L’accostamento del rubino al sangue si perde nella notte dei tempi. Se ne trovano riferimenti nei resoconti cinesi ed in lingua araba (il grande gemmologo medievale Al Tifasci se ne occupa e al Afkani ne fa menzione). Ma l’equiparazione al sangue del piccione ha origini più controverse. Con ogni probabilità la vividezza dell’attributo (in birmano kotwe) discende più da una tinta presente nell’occhio del piccione che dal suo sangue. L’espressione fu poi ripresa quando nella seconda metà dell’Ottocento il materiale prezioso birmano affluiva nelle mani degli increduli funzionari coloniali britannici. Ma con assoluta certezza la disputa sull’appropriatezza e sui criteri di applicazione di tale definizione infuria, come mai prima, dal mese di ottobre 2015. La portata della contesa è planetaria, eppure questa si consuma interamente in Svizzera, un piccolo paese che però resta decisivo in quanto ad autorevolezza gemmologica. Un passo indietro. Il percorso storico che ha portato gradualmente agli standard odierni di classificazione gemmologica si caratterizza nel secolo scorso, tra l’altro, per la progressiva tendenza ad evitare la nomenclatura descrittiva per riferirsi invece a parametri quantitativi. Prendiamo ad esempio il colore dei diamanti. Per rilevarne lo scostamento dal bianco furono adottati dei gradi espressi in lettere. Un sistema che dovette sembrare assolutamente più oggettivo di quanto potessero spiegare quei generici riferimenti a località di estrazione. Similmente furono dei parametri riferiti a tinta, tono e saturazione a dettare le regole della classificazione di colore delle altre gemme. Per quanto concerne i rubini la combinazione migliore tra tono, colore di fondo ed elevata saturazione è generalmente indicata come vivid red. Questo è il grado di colore che connota le gemme più ricercate e questo è il contesto di riferimento in cui gli appassionati hanno sempre collocato il rubino sangue di piccione. Eppure per decenni nei report la definizione sangue di piccione non è stata utilizzata, costituendo agli occhi della comunità degli addetti ai lavori una sorta di descrizione soggettiva, una connotazione metaforica che ha più a che fare con la letteratura che con i rigidi ed oggettivi criteri tassonomici. Così la pensa non senza una certa dose di ironia il gemmologo J. Nelson che nel 1985 spiegava d’essersi rivolto allo zoo di Londra per determinare con la spettrofotometria il colore del sangue dei piccioni e concludeva: “...l’uccello birmano alla fine può essere rimosso dal reame della gemmologia e riconsegnato all’ornitologia”. Barbara Voltaire in un post del 2005 rileva coerentemente che il termine è arcaico e non quantificabile. Utilizzarlo sarebbe come ritornare ai tempi dei diamanti Wesselton o River, ovvero a misure indefinite. Questa lunga riluttanza dei gemmologi ad adottare una nomenclatura metaforica ed evocativa si può spiegare con lo scrupolo di volersi accreditare, in prima istanza, come scienziati mineralogisti. Infatti solo sotto le ali protettive di una scienza sperimentale costituita e riconosciuta la figura del gemmologo si poteva riscattare da quel lungo percorso, iniziato da Plinio e protrattosi fino agli inizi del Settecento, che vede il discorso sulle gemme ristagnare, in mancanza dei metodi e dei dati certi della mineralogia, su un piano di insicurezza metodologica. È dunque nell’arco centrale del secolo scorso che la gemmologia vuole dunque affrancarsi da una lunga fase storica contrassegnata dalla semplice connotazione descrittiva, una prassi che, ricorrendo a metafore, sfociava in contesti improduttivi per la causa della misurazione mineralogica. Il ricorso a citazioni di località d’estrazione come garanzia d’elevata qualità e l’evocazione di attributi fantasiosi sembravano più conseguenze di impressioni indimostrabili e deterministiche e apparivano più consone alla sfera del magico. Occorreva invece recuperare tutta l’autorevolezza dell’analisi mineralogica che indaga le proprietà dei cristalli in modo sempre più sofisticato ed esauriente. In un certo senso la gemmologia viene rifondata per introdurre quei parametri quantitativi di misurazione messi a disposizione dalle tecniche usate dai mineralogisti, a discapito di descrizioni inevitabilmente sommarie non riferite a scale definite. In definitiva fuori da un contesto di misurazione oggettiva - si sarebbe detto - tanto valeva restare fermi concettualmente a Plinio. Al contrario la gemmologia moderna ha voluto celebrare con un colpo di cesoia il definitivo affrancamento dal racconto e dal resoconto, gli strumenti del grande naturalista latino in uso fino a l’altro ieri. Persino R. Hughes, famoso non solo come profondo conoscitore dei corindoni ma anche per la sua visione di una gemmologia capace di restituire l’emozione evocativa dei luoghi e delle culture, nel 2001 scriveva: “Pigeon’s blood was the term used to describe the finest Mogok stones, but has little meaning today, as so few people have seen this bird’s blood”. Se si fissano criteri perché non riparlarne? GRS recupera il riferimento ematico. Allora niente più Pigeon blood, ma solo vivid red? In un certo senso l’attributo se ne va in soffitta e per lungo tempo non trova diritto di cittadinanza nei report principali. Ma nel 1996 Il GRS recupera il termine e lo utilizza nel giugno del 1998 per un rubino ottagonale analizzato per Sotheby’s. Adolf Peretti, direttore del GRS, nel 2015 registra il trademark Pigeon blood e chiarisce i propri criteri di classificazione che espone nella figura 2. Il sangue di piccione nella definizione di Peretti attiene al grado rosso vivido (del quale è un attributo aggiuntivo) ad alta saturazione e basso tono privo di sovrattoni marroni o arancio con fluorescenza da media ad alta. Gli agenti che producono la combinazione cromatica sono individuati nell’alta percentuale di cromo a fronte di una componente di ferro da bassa a media e comunque inferiore al cromo. La definizione inoltre è applicabile a tutte le origini geografiche del materiale se le condizioni rivelano le caratteristiche citate. Lo status di Pigeon blood può essere concesso ai rubini con semplice trattamento termico purché senza aggiunta di berillio, di diffusione superficiale, di residui o di riempienti. Lo stesso Peretti ricostruisce il percorso dell’indagine che lo ha condotto alla reintroduzione del termine in un documento (www.pigeonsblood.com) nel quale si precisa che i parametri scientifici in uso garantiscono un reale fondamento della nomenclatura. Il sangue di piccione dunque non è più un riferimento asservito a quella che Peretti definisce bene come romantizing literature, quella sfera cui in precedenza s’è fatto riferimento storico come filone magico. In effetti il GRS non ha fatto altro che recuperare con dignità di parametro quell’elemento fiabesco che, sebbene si siano prese le distanze, evidentemente continua a scorrere parallelo, ma come fiume carsico, all’investigazione chimico fisica. Da questo momento lo sdoganamento del termine Pigeon blood è ormai stato effettuato ed il risultato in termini commerciali è di assoluto rilievo perché evidentemente s’è colta un’esigenza commerciale. Sotheby’s e le grandi case d’asta gradiscono l’attributo poiché è parte dell’immaginario collettivo e semplifica la trasmissione del valore al grande pubblico. Insomma il mercato, come sempre, invia continui messaggi alla comunità gemmologica e in sostanza la condiziona. Negli ultimi quindici anni il riferimento ematico, reintrodotto dal GRS con tanto di master e protocollo, riaffiora timidamente nei report degli altri principali istituti. Ma in che modo? A titolo esemplificativo prendiamo un caso recente. SSEF e Gübelin hanno splendidamente accompagnato alla vendita del 12 maggio 2015 per Sotheby’s un anello montato con un rubino di 15,046 carati proveniente dalla valle di Mogok e con due diamanti con taglio a scudo rispettivamente di 2,47 e 2,70 carati (aggiudicato a CHF 28.250.000). Indicativo un passo della descrizione contenuta nel report n. 78414 di SSEF: “il colore vivido ma saturo, cui ci si riferisce poeticamente come sangue di piccione, è dovuto alla combinazione di elementi in traccia ben equilibrati nella pietra, tipici e caratteristici dei rubini più fini di Mogok”. Il documento, impeccabile ed elegante, sembra mostrare un certo pudore, quasi un imbarazzo, nel ricorso all’attributo pigeon blood che in una certa misura viene svestito dalla pregnanza quantitativa o qualitativa. È un dato non misurabile ed in quanto tale soggettivo o poetico, cioè letterario o magico. Divieto di ingresso ai laboratori e riconsegna allo zoo: il sangue di piccione risente ancora del duro commento di J. Nelson. Perché tirarsi indietro se la giostra diverte? Tutti i players ci ripensano. Non si tratta di casi limitati. Con l’eccezione del GRS la lunga fase di ritrosia scientifica sul sangue di piccione, cui ci si riferisce come connotazione non oggettiva, ha in pratica coinvolto tutti i principali istituti mondiali d’analisi gemmologica e si è protratta per decenni. Ma le sirene del mercato sorridono ben più felici quando i report possono evocare, sia pure con discrezione o tra parentesi, il miracoloso attributo del sangue di piccione. L’acquirente di un rubino costoso vuole gratificarsi con qualcosa di più di un rosso vivido. Prodotto e prezzo sono d’alta gamma, la terza P del marketing, la promozione, deve corrispondere al rango ed all’unicità delle prime due. E qual è il primo veicolo di promozione di una pietra se non la dichiarazione gemmologica? Ormai il trend pretende che pigeon blood compaia stabilmente come dato di misurazione insieme agli altri rilievi quantitativi e qualitativi utili a sostenere la rarità delle gemme e quindi la loro promozione. Il 2015 è l’anno spartiacque. Tutti i più rilevanti players dei report gemmologici ormai si sono persuasi dell’opportunità di ritrovare spazio al sangue di piccione. Le condizioni sono ormai mature perché SSEF e Gübelin escano all scoperto. I due grandi istituti emettono un comunicato congiunto il 4 novembre nel quale in pratica annunciano di aver armonizzato i criteri e di aver individuato master per l’utilizzo del grado pigeon blood. Le caratteristiche individuate per molti versi non divergono da quelle già fissate dal GRS: colore di fondo rosso senza compromessi di sottotoni marroni o blu (accettato una leggerissima tinta rosa), forte fluorescenza e prevalenza tra gli elementi in traccia di cromo rispetto al ferro. In mancanza di uno standard internazionale certamente sarebbe tecnicamente decisivo e di grande aiuto raffrontare i master con quelli del GRS. Ma sembra che non è solo qui che risiedano le divergenze sostanziali. Infatti per SSEF e Gübelin pigeon blood è una categoria valida solo per rubini non trattati termicamente e di provenienza geografica esclusiva (Valle di Mogok o distretto di Namya 300 km più a nord). Inutile dire che tali formulazioni hanno incontrato immediato contrasto da parte di Adolf Peretti, il quale eccepisce sull’esclusione di gemme aventi le stesse caratteristiche chimiche, identica combinazione di tono e saturazione ma estratte fuori dalla ristretta area birmana o sottoposte a riscaldamento senza riempienti. Non è il caso ovviamente di entrare nel merito. Si avvierà probabilmente un più vasto processo di armonizzazione del quale è inutile parlare prematuramente. Vale tuttavia la pena notare che il piano di indeterminatezza che rendeva, come s’è visto, tiepidi gli specialisti all’utilizzo del termine, adesso s’è spostato dal livello letterario/magico a quello tecnico/scientifico. Proprio nel comunicato del 4 novembre SSEF e Gübelin sottolineano l’ambiguità imperante tra gli analisti per l’uso di un termine non regolato da standard. Ma a questa rispondono con parametri, sì fondati su proprietà misurabili e master, ma tutto sommato non ancora condivisi e quindi arbitrari. In sintesi estrema: prima pigeon blood non era un termine gemmologicamente idoneo perché usato quale attributo poetico e non lo è ancora oggi per la soggettività con cui ciascuno si fonda i propri criteri di applicabilità. È il caso che tutti gli operatori riflettano su un punto cruciale, il rapporto cioè tra indagante (il gemmologo) e materiale indagato (le gemme). Questo non è equivalente a quello tra scienziato (mineralogista) e campione d’indagine dove sussiste solo un intento neutrale di catalogazione e di repertorio. L’oggetto dell’investigazione gemmologica invece modifica il proprio valore economico a seconda dei contesti su cui si poggeranno i parametri di giudizio. Chi delinea le condizioni necessarie e sufficienti per assegnare, non una lettera alfabetica o un numero progressivo, ma un nome d’evocazione magica utile al successo del marketing dei rubini, ne determina in ultimo il valore commerciale perché da solo stabilisce i criteri di valutazione che ne sono alla base. I divergenti criteri di identificazione del grado sangue di piccione nell’area rosso vivido si possono legittimamente interpretare come computi di valore che i diversi istituti propongono al mercato. Così ad esempio un rubino proveniente dal Mozambico, con tutte le carte cromatiche e con il rapporto Cr/Fe in regola, sarà un sangue di piccione solo per GRS. Ma curiosamente la costituzione di parametri (tutti rispettabili, considerato il prestigio dei players implicati) non omogenei consolida il valore economico in modo omogeneo poiché produce effetti di brand. Al grande pubblico non arriveranno certamente le differenze tra i parametri di classificazione dei diversi report. Arriverà solo il grado Pigeon blood inteso come proprietà di qualificazione commerciale, garanzia di eccellenza. Di tutti questi dettagli, alla fin fine, non arriverà che un brand. La brandizzazione del rubino. Il brand di un gioiello è la casa produttrice con l’insieme di valori che storicamente sa esprimere e comunicare. Ma può esistere il brand di una gemma? Questo status non può esser assegnato di per sé, se non in esigua misura, dai dati dell’estrazione, dell’impresa produttrice, tagliatrice o dalla distribuzione. Questi sono elementi che non valicano la catena di fornitura e non possiedono un appeal tale da influenzare il consumatore. Per certificare l’eccellenza con l’immediatezza autorevole di un brand la strada più agevole il gemmologo la sta ritrovando in quel percorso parallelo in cui riscopre, con cautela scientifica, l’efficacia dell’uso poetico e letterario delle descrizioni. Il recupero, seppur non coincidente tra gli istituti, dell’attributo sangue di piccione rivela in trasparenza - come abbiamo visto - i passaggi storici del ruolo e dei confini che la gemmologia assegna a sé stessa. Nella dicotomia tra il carattere descrittivo (poetico, letterario, magico) e quello oggettivo (classificazione quantitativa) ha per molto tempo prevalso quest’ultimo. È ciò ha finito con l’equiparare il gemmologo al mineralogista, entrambi semplici catalogatori di specie. Ma il pigeon blood possiede un richiamo così potente che può valere bene un nuovo parametro distinto dal vivid red. Recuperando una connotazione soggettiva e rendendola oggettiva si fa sì che un grado quantitativo di colore rappresenti un marchio di qualità certa, ossia un brand. E questo denota una fase nuova che obbliga il gemmologo a ritracciare i confini delle proprie attitudini e dei propri campi di interesse. Ora potrebbe nuovamente servirgli quel bagaglio derivato dalla fase descrittiva che prima gli appariva ingombrante ed imbarazzante perché alludeva a epoche di ignoranza o di imperfetta conoscenza delle leggi cristallo-chimiche e in ultimo alle superstizioni dell’era magica. Ora il vecchio armamentario può tornare utile a condizione di rivestirsi di presentabilità scientifica per poter poi rendere più efficacemente nei report i fattori emozionali, la storia, la poesia che il mercato richiede e che sono conditio sine qua non per irrobustire la trasmissione della qualità. APPROFONDIMENTI: Hughes R.,Pigeon’s blood: Chasing the elusive Burmese bird, http://www.ruby-sapphire.com/r-s-bk-burma3.htm Van Gelder G.J., Precious stones precious words, in “Oh ye gentlemen. Arabic studies on Science and literary culture, pp. 313-332, Brill, Leiden, 2007. A.A.V.V., Progetto Euromin, La storia della mineralogia attraverso i musei di mineralogia europei, http://catmin.geo.uniroma1.it/area_book/book/Storia%20della%20mineralogia%20(Euromin%20Progetto%20Raphael).pdf Hughes R.,Pigeon’s blood. A pilgrimage to Mogok, the valley of rubies. http://www.ruby-sapphire.com/pigeons-blood-mogok.htm SSEF, Gübelin (press release), Switzerland’s SSEF and Gübelin Gem Lab agree to harmonise ‘pigeon blood red’ and ‘royal blue’ standards. http://www.ssef.ch/fileadmin/Documents/PDF/Press_release_Pigeonblood_Royalblue_SSEF_GGL_final.pdf Peretti A., An ethical debate concerning ‘pigeon’s blood’ rubies and ‘royal blue’ sapphires from diverse origins, http://gemresearch.ch/an-ethical-debate-concerning-pigeons-blood-and-royal-blue-for-corundum-from-diverse-origins/
Ė un po' una rivoluzione Expogema, un appuntamento che, visto il grande successo di questo ottobre, verrà sicuramente replicato (e chissà, magari anche emulato) nel corso dei prossimi anni. Ma cos’ha di tanto diverso? E’ aperta a tutti. Non una fiera commerciale, ma una fiera fatta da appassionati di gemmologia a più livelli di competenze. Dal 22 al 23 ottobre, nella splendida cornice dell’Università di Ingegneria mineraria di Madrid, tutti gli appassionati hanno potuto, in via del tutto gratuita, ammirare sia pietre di elevata qualità, dall’alto valore commerciale, sia posare gli occhi sulle gemme solitamente difficili da vedere nel circuito abituale, rare e di interesse collezionistico. Tutto ciò grazie all’organizzazione fornita da IGE, l’istituto Gemmologico Spagnolo, che ha creduto molto nell’evento. Non solo gemme in esposizione, ma tutta una serie di attività correlate che hanno contribuito ad avvicinare al mondo della gemmologia anche i visitatori meno esperti. Seminari di identificazione e taglio di pietre e sulle perle, uniti a una visita alla Miniera Marcelo Jorissen. Si tratta di una miniera di carbone ricreata nel sottosuolo del Museo di Storia “Don Felipe di Borbone”, in cui i visitatori hanno potuto vedere con i propri occhi le condizioni di sicurezza e di lavoro dei minatori. Il successo di Expogema come evento a tutto tondo potrà sicuramente contribuire alla consapevolezza di una gemmologia più aperta alla novità e alla diffusione della conoscenza. Coniugare l’esposizione di pietre commerciali, pietre rare e misteriose, attività formative e sociali è stata l’idea vincente che ha permesso un certo successo di visitatori. Un modello che si replicherà Lo scopriremo nei prossimi mesi. FONTE: http://www.goldandtime.org/noticia/81260/exito-de-afluencia-y-organizacion-en-expogema.html Alberto Scarani e Mikko Akstrom, progettisti e produttori di strumentazione gemmologica avanzata, ci portano per mano verso la scoperta di un orizzonte che sarà quello decisivo per la gemmologia dei prossimi decenni. Un articolo pubblicato nell'ultimo numero di Trasparenze News. Lo spinello termodiffuso al cobaltodi Alberto Scarani, Mikko Åström Contrariamente a quanto avvenuto per il corindone, lo spinello non è praticamente mai stato soggetto a trattamenti migliorativi sino a pochissimo tempo fa. Il motivo risiede nella sostanziale inefficacia di metodi che nel caso di altre gemme producono effetti significativi; il riscaldamento è un tipico esempio. Si tratta di una pratica ormai, in alcuni casi, largamente accettata dal mercato e utilizzata per abbellire artificialmente molteplici materiali gemmologici; tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, nello spinello non consente di ottenere miglioramenti evidenti né a carico del grado di purezza, né nel colore. Alcuni spinelli blu sono famosi nel mondo e richiestissimi per lo straordinario tono e saturazione del colore dovuti alla presenza di cobalto come elemento in traccia in associazione ad una certa quantità di ferro. Questo straordinario materiale può avere provenienze diverse: Sri Lanka ad esempio, Tanzania o Vietnam, dove nel distretto di Luc Yen, dal 2008 vengono estratte, purtroppo in quantità non significative, splendide pietre quasi subito denominate “windex blue” a causa della somiglianza del colore con quello di un diffusissimo prodotto per la pulizia dei vetri. Data la scarsità di questa particolare gemma e la incessante domanda di materiali sempre di più considerati valido investimento per la loro bellezza e limitata disponibilità, non ci è voluto molto prima che gli esperti, sempre solertissimi ed instancabili “burner”, si cimentassero nel tentativo di riuscire a simulare questo miracolo di madre natura. Materiali e metodi 4 esemplari aventi massa da 0,77 a 4,06 carati sono stati acquisiti a Bangkok dal Sig. Antonino Di Salvo, dichiaratosi socio di chi effettua il trattamento sul materiale, a suo dire, naturale ed incolore. Le caratteristiche interne sono state osservate a mezzo microscopio stereoscopico Bausch & Lomb Stereozoom 7 in illuminazione a campo scuro, illuminazione diretta, diffusa a mezzo fibre ottiche alogene dolan jenner e allo Xeno, Cermax. L’analisi in immersione di ioduro di Metilene è stata effettuata a mezzo base customizzata orizzontale con testa B&L SZ7 e cella Eickhorst. Gli spettri a fotoluminescenza sono stati registrati a temperatura ambiente mediante Spettrometro GemmoRaman532 Scientific Grade con emissione laser a 532 nm, risoluzione 0,3 nm, lunghezze d’onda comprese tra 535 e 765 nm di cui sono state di seguito riportate esclusivamente le sezioni significative (635-725 nm). Gli spettri in assorbimento non polarizzati sono stati registrati a temperatura ambiente mediante spettrometro UV-Vis-NIR GemmoSphere, risoluzione 1 nm, lunghezze d’onda comprese tra 365 e 1050 nm. Risultati delle analisi L’osservazione al microscopio fornisce una serie di indizi piuttosto semplici da rilevare se si ha un po’ di esperienza. Come abbiamo detto, il riscaldamento nello spinello viene praticato molto di rado visti i risultati scadenti in termini di miglioramento. I casi molto rari in cui questo trattamento viene effettuato riguardano quasi esclusivamente pietre rosse da cui si vuole rimuovere una componente secondaria poco attraente del colore. Le fratture risanate che presentano canalizzazioni interconnesse, tipiche degli zaffiri riscaldati, costituiscono già un primo campanello d’allarme (figura 3). Un indicatore è lo stato plasticamente deformato dei cristalli, se presenti. Una colorazione più intensa concentrata sulle fratture affioranti può essere già osservata in campo scuro. Utilizzando illuminazione radente a mezzo fibra ottica, il fenomeno è maggiormente evidente. Alcune canalizzazioni possono presentare un innaturale addensamento di colore (figura 4). L’osservazione in immersione consente di evidenziare maggiormente concentrazioni e zonature del colore: la figura 5 ne è un esempio evidente. Per verificare empiricamente la profondità che la diffusione del cobalto raggiunge all’interno della pietra, da un campione è stata ricavata una sezione sottile di 0,3 mm di spessore (figura 6). Come si può osservare,la penetrazione per un campione di queste dimensioni (5,38 mm) è maggiore rispetto a quella causata dalla termodiffusione superficiale dello zaffiro. Tuttavia, niente di lontanamente comparabile a quello che avviene con la termodiffusione al Berillio che, in molti casi provoca una propagazione totale del colore all’interno delle pietra. (Fig. 6) Sezioni sottili a confronto. In alto a sinistra 2 campioni di zaffiro termodiffuso superficialmente, la colorazione non è permeata che di pochi centesimi di mm sotto la superficie. In alto a destra campioni di zaffiro termodiffuso al berillio, in questo caso la diffusione del colore è pressoché totale. In Basso esemplare di spinello termodiffuso al cobalto, la penetrazione è sufficiente ad evitare che si manifesti la concentrazione di colore sugli spigoli. Fotoluminescenza La spettroscopia a fotoluminescenza è un metodo molto efficace per l’analisi dello spinello. La presenza di Cr3+ provoca una stretta banda dominante a 685,35 nm accompagnata da una serie di caratteristiche strutture che si estendono sino a 725 nm conosciute in ambito gemmologico come “canne d’organo”. L’ampiezza delle bande è strettamente correlata all’ambiente in cui gli ioni di Cromo sono integrati. All’aumentare del disordine dei cationi all’interno della struttura cristallina generato dal riscaldamento, si ha un incremento dell’ampiezza delle bande ed uno scostamento del picco principale verso l’infrarosso. Gli spinelli termodiffusi al cobalto presentano la banda principale più ampia scostata verso l’infrarosso terminante in due picchi distinti a 685,70 nm e 687,20 nm. A temperature molto elevate si può avere una completa “fusione” delle bande minori in una struttura unica. E’ il caso dello spinello sintetico (figura 8). (Fig. 8) Spettri a Fotoluminescenza. Negli spinelli non trattati il picco principale del cromo a 685,35 nm è seguito da un certo numero di altri sino a 720 nm. Nei campioni termodiffusi si ha uno scostamento verso l’infrarosso, sdoppiamento e allargamento della banda principale e delle secondarie dovuto all’accresciuto disordine all’ineterno della struttura cristallina. Si noti l’ulteriore scostamento della banda principale nel materiale sintetico. UV-Vis-NIR Lo spettro di assorbimento comparativo tra campioni di spinello al cobalto non trattati e gli esemplari termo diffusi ci mostra per entrambi i tipi una marcata banda composita di assorbimento tra i 500 e i 650 nm (dovuta sia a Fe2+ e Co2+), due finestre di trasmissione nel violetto (400-500 nm) e nel rosso (nello spettro in figura è parzialmente visibile ma va dai 600 a 700 nm) .Le maggiori differenze si evidenziano nell’area UV tra 370 e 400 nm, dove, ai 2 picchi tipici nei non trattati dovuti al Fe2+ (372 nm e 386 nm), i campioni trattati esibiscono un marcato picco a 389 nm e successivo completo assorbimento a lunghezze d’onda inferiori (Figura 9). Identificazione e osservazioni Le pietre si presentano di un blu estremamente saturato e, in alcuni casi, quasi irreale; decisamente un aspetto non comune. La penetrazione relativamente profonda del colore non consente di poter fare affidamento sull’osservazione al microscopio come metodo effettivamente ed univocamente diagnostico nell’identificazione di questo materiale. Importanti indicatori come la concentrazione del colore in fratture da risanamento parzialmente affioranti e l’aspetto tipico delle inclusioni morfologicamente alterate dall’esposizione ad alte temperature, tuttavia, costituiscono più di un campanello d’allarme per il gemmologo esperto. La spettroscopia a fotoluminescenza costituisce probabilmente il metodo maggiormente efficace; ovviamente l’analisi della composizione chimica a mezzo diffrattometria ai raggi X può rilevare il trattamento in modo altrettanto definitivo. La Spettroscopia UV-Vis-NIR non fornisce dati sufficientemente esaustivi benchè, in casi purtroppo molto rari, la presenza del cromo sia rilevabile e, di conseguenza, misurando l’esatta posizione della banda, sia possibile apprezzare se sia avvenuto o meno uno spostamento verso l’infrarosso causato da eventuale riscaldamento. Conclusioni Gli spinelli termodiffusi al cobalto, se commercializzati in maniera etica e responsabile, rappresentano una valida opportunità per consentire ad un vasto pubblico di accedere a gemme dotate di caratteristiche di tono e saturazione particolari tipiche di materiale purtroppo divenuto quasi inaccessibile. Il trattamento non presenta particolari problematiche per essere individuato da un gemmologo esperto. A differenza di materiale trattato per impregnazione con vetro al cobalto, la termodiffusione presenta caratteristiche di stabilità elevata e non necessita di peculiari cautele nell’uso. (Fig. 11) A sinistra - tre campioni trattati (fila superiore) fotografati assieme a tre zaffiri blu impregnati con vetro al cobalto. E’ evidente la maggiore omogeneità di colore degli spinelli dovuta alla tremodiffusione. A destra le stesse pietre fotografate con interposizione di un filtro Chelsea. BIBLIOGRAFIA Sudarat Saeseaw, Vararut Weeramonkhonlert, Charuwan Khowpong, Nattida Ng-Pooresatien and Supharart Sangsawong, Victoria Raynaud, and Claire Ito – (2015). “Cobalt Diffusion of Natural Spinel: a report describing a new treatment on the gem market” – GIA Research news. Boris Chauviré, Benjamin Rondeau, Emmanuel Fritsch, Phillipe Ressigeac, and Jean-Luc Devidal (2015). “Blue Spinel from the Luc Yen district of Vietnam.” Gems and Gemology 51(1): 2-16. D’Ippolito, V., Andreozzi, G.B., Halenius, U., Skogby, H., Hametner, K., Gunther, D. (2015). “Color mechanisms in spinel: cobalt and iron interplay for the blue color “ Phys Chem Minerals 42: 431--439. D’Ippolito V (2013) Linking crystal chemistry and physical properties of natural and synthetic spinels: an UV–VIS–NIR and Raman study. PhD Thesis, Sapienza Università di Roma, p 237
Il gemmologo applica lo studio delle proprietà fisiche delle gemme soprattutto allo scopo di raggiungere prove sufficienti a determinarne l’identificazione. Richard Hughes ancora una volta offre un report dove si amplia l’angolo della ricerca. Sul suo sito lotusgemology.com ha reso disponibile un’esauriente esposizione delle caratteristiche del pleocroismo, con particolare riguardo all’apparenza della gemma tagliata. Lo studio del pleocroismo è infatti utile ad applicare le leggi cristallografiche alle tecniche di taglio. Lo scopo può essere quello di esaltare o minimizzare gli effetti della combinazione dei colori restituiti dal taglio.
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Maggio 2019
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