Iscrizioni laser false su diamanti HPHT. Va beh, ma se ci basavamo su quelle, buonanotte!20/11/2017 di Paolo Minieri Grande rumore sui tg gemmologici la settimana scorsa. È stato identificato dal GIA un diamante sintetico HPHT con un’iscrizione laser riferita ad un suo proprio certificato. Qualche riflessione è il caso di farla. Questo genere di notizie si propaga con rapidità nel web e rischia di diventare allarmante, al di là d’ogni buon senso, in quanto la rete le veicola sugli schermi di un pubblico vasto che non ha magari i giusti strumenti per inquadrarle. E a quanto pare, anche i gioiellieri sembrano in imbarazzo. Step 1. Un giretto su Google Come primo passo digitiamo su Google “fake laser inscription gia diamonds”. C’è di tutto, a partire dal 2005. Nulla di nuovo. Dunque non ci si trova al cospetto d’alcuna inedita diavoleria uscita dal cappello degli inganni di un illusionista. Da tempo le iscrizioni laser, che recano i numeri seriali dei certificati dei principali istituti, sono imitate ed apposte truffaldinamente su pietre diverse dalle originali, simili solo nella massa (peso) ma inferiori per caratteristiche qualitative. Questa volta il GIA nelle sue note di laboratorio ci dice di aver beccato addirittura un sintetico HPHT. Beh, gli HPHT ed i CVD sono sul mercato non da oggi, e prima o poi ciò sarebbe accaduto. Step 2. Basta un lentino È opportuno però a questo punto dare uno sguardo al tipo di iscrizione. E questo lo può fare anche un nostro ipotetico Mister X, cioè un osservatore comune e senza alcuna competenza specifica. Non c’è bisogno di qualifiche gemmologiche. Oggi la falsificazione dei marchi è parte dell’esperienza quotidiana, un po' di diffidenza è d’obbligo. Chi non ha visto Rolex falsi, bijoux o gioielli imitati con tanto di loghi contraffatti? Non è che un’iscrizione laser, per il semplice motivo di esserci, rappresenti una prova di autenticità. Basta guardare in comparazione l’originale ed il falso. Alcune facili deduzioni:
Step 3. La rimediate una bilancia di precisione? Ma mettiamo che il nostro sospettoso osservatore, non esperto in gemmologia, si fermi al lentino a 10x. Il nostro Mister X potrà fare ancora qualcosa: verificare i dati che si riferiscono al seriale inciso. Il sito GIA dà immediato accesso ad una sezione che permette di risalire a tutte le caratteristiche dei propri certificati. Se digitiamo ad esempio il numero della gemma fotografata come esempio, troveremo questo: Le informazioni sono esaurienti e possono in parte tornare utili anche ai profani. Infatti, nel riferirsi al recente caso denunciato, cioè del sintetico con iscrizione laser fasulla, avremo i seguenti dati: "untreated diamond graded as 1.74 carats, round brilliant cut, D color, Excellent cut grade and VVS1 clarity" Ma la pietra invece presenta una massa (peso) di 1,76 carati. Oggi anche Mister X, un ignaro cliente, può chiedere in gioielleria di farsi controllare la massa (peso) d’una pietra. E con questo semplice controllo l’inganno emerge immediatamente. Step 4. Un po' di gemmologia basic non guasterebbe Naturalmente, quando si analizzano tutte insieme le caratteristiche distintive che un certificato rileva, i punti discrepanti saranno tantissimi. Ad esempio, colore e purezza della pietra “originale” sono E e VVS1, mentre la sintetica con falsa iscrizione è risultata F e VS. Magari un non addetto ai lavori riuscirà a verificare solo il peso, ma un gioielliere accorto senza dubbio tenterà di farsi un’idea del colore e della purezza, alla ricerca di evidenti discrepanze. Un gioielliere di anche medie competenze gemmologiche, di fronte ad un’iscrizione sospetta, verificherebbe e ricontrollerebbe poi anche i tanti dati offerti dalle proporzioni. E senza esitazioni approderebbe alla fase d’allarme: troppe cose non coincidono tra quel che si vede e quel che si legge. Step 5. Inviare la pietra ad un laboratorio attrezzato Che poi è quel che è successo. I sospetti hanno fatto sì che il diamante fosse inviato al GIA. A Carlsbad hanno rilevato subito le discrepanze di cui sopra. E per gli specialisti sono tantissime. In pratica non ci sono quasi dati coincidenti. Poi hanno attuato il protocollo: Diamond View e FTIR. Quindi alla fine la conferma: gli spettri rilevano la presenza del boro ed evidenziano un Tipo IIA, HPHT. Conclusione Quanto accaduto e riportato dal GIA non costituisce un fatto nuovo, in sé. Ma è bene che se ne torni a parlare. Clienti ed operatori non sempre diffidano nella giusta misura, sì da controllare un’iscrizione con il lentino a 10X. E la semplice presenza di un’iscrizione non è mai una garanzia sostanziale d’autenticità. Come prassi occorre riferirsi a dei modelli di iscrizioni sicuramente autentici. Questi oggi si possono ottenere dai siti ufficiali degli istituti a cui si fa risalire sia l’iscrizione che la relativa certificazione. Allorché ci si riferisce ad un certificato è auspicabile lavorare sui siti degli istituti emittenti, e non basarsi mai solo su fotocopie, PDF o altre fonti non verificate. Se si hanno competenze tecniche sarà poi bene, in caso i dubbi permangano, controllare le caratteristiche qualitative e comparare quello che si riscontra con i dati del certificato. In ultima analisi, la risposta spetta ad un laboratorio gemmologico attrezzato, il quale rianalizzerà la gemma con iscrizione laser - come se quest’ultima non ci fosse affatto - ricorrendo alle procedure diagnostiche abituali. di Francesco Sequino Durante il mio viaggio di nozze prenotai un tour in una riserva naturalistica. Io e mia moglie eravamo gli unici europei all'interno dell'autobus che ci trasportava in questa zona incontaminata. Statunitensi in maggioranza ma anche canadesi e giapponesi completavano la spedizione. La guida, per intrattenerci durante il trasferimento, chiese a tutti noi di presentarci e destò tanta curiosità il lavoro inusuale che svolgo... il gemmologo. La guida, sorpresa positivamente dalla presenza di un esperto di pietre preziose nel gruppo, colse l'occasione al volo per annunciarci un fuori programma: la visita di una taglieria di pietre preziose. Il tour si rivelò molto scenografico. Improbabili tagliatori faccettavano alla rinfusa pezzi di grezzo di quarzo, mentre i venditori ci proponevano l'acquisto di pietre di scarso valore a prezzi vertiginosi, certamente provenienti da tutt'altra parte del mondo. Giorno sfortunato per il venditore. Aveva preparato uno show e tra tanti turisti becca proprio un gemmologo nel gruppo. Ogni step di lavorazione, che persuasivamente presentava per suscitare l'emozione di veder nascere una gemma dalla roccia, era accompagnato da un mio sorriso alquanto perplesso sulle stupidaggini ascoltate. Ad un tratto mia moglie mi fa notare che tutti i partecipanti al tour mi seguivano silenziosamente. Avevano notato il mio atteggiamento distaccato e scettico se non irriverente nei confronti dei padroni di casa e non si facevano convincere (Totò avrebbe usato un termine più appropriato: "impapocchiare"). Non versarono manco un dollaro nelle casse della taglieria. L’avventura mi costò un bel po' di acredine e l’avversione del venditore. Ma evitai un bel po’ di truffe agli ignari turisti che avrebbero principalmente comprato dei sintetici ben fatti. Brasile, Messico, Tailandia, Sri Lanka, Kenya, Egitto: sono tante le mete insidiose per i turisti fai da te che, stuzzicati dall'emozione esotica, acquistano gemme convinti di effettuare l'affare del secolo, per poi ritrovarsi tra le mani il cosiddetto fondo di bottiglia. Nella hit delle mete delle possibili truffe gemmologiche è entrata da poco tempo la Turchia, dove da un po' si rinvengono depositi di una varietà di Diasporo, la Zultanite. Si tratta di una splendida pietra con un forte pleocroismo tricroico che fornisce all'osservatore una sensazione di cangianza di colore a seconda della luce che la irradia. Tra l’altro della zultanite s’è occupata recentemente la Rivista Italiana di Gemmologia con un accattivante articolo di Michele Macrì. In cosa è possibile imbattersi, soprattutto nei tipici fotogenici e caratteristici bazar, ma anche in qualche elegante negozietto della zona più borghese di Istanbul? In un bellissimo, unico, coinvolgente, abbagliante, stratosferico VETRO. Ebbene sì, è prodotto in India con il nome di Alexite: un vetro hi-tech trasparente contenente minerali di terre rare. L'effetto di cambiamento di colore è causato da una miscela di vanadio, cromo, manganese e ferro in quantità variabili per produrre colori diversi, ognuno ha la sua ricetta. Il cambiamento di colore di questo vetro è influenzato dall'aggiunta di neodimio. Questa pietra, pardon, questo simulante molto intrigante è spesso venduto per alessandrite o per Zultanite, a seconda del paese dove è effettuata la truffa. L'Alexite artificiale mostra lo stesso stupefacente effetto di cambiamento di colore ad un costo ridicolo ed è disponibile in due differenti coppie di colorazioni, quella che varia dal verde all'arancio/bruno e la versione che spazia dal blu simile a quello della tanzanite ad un rosa intenso o rosa pesca. Mi è stata sottoposta una di queste imitazioni, frutto di uno dei soliti acquisti incauti, questa volta nella non lontana penisola anatolica. Devo anche far rilevare che l’effetto della cangianza è a prima vista accattivante. Ho visto per fortuna abbastanza grezzo e tagliato di zultanite per potermi anche insospettire per la cifra alquanto modesta che era costata tale pietra da identificare. Gli effetti cangianti della zultanite che è stata sottoposta al laboratorio. Per distinguerla basta utilizzare una strumentazione basilare, infatti l'Alexite essendo un vetro sarà monorifrangente (generalmente ha un indice di rifrazione intorno al 1.55) a differenza della Zultanite che è birifrangente con valori di rifrazione molto vicini al crisoberillo 1.75. Peso specifico ben al di sotto del 3.00 g/cm3 per il vetro (varia a seconda della miscela dei materiali usati) mentre per il diasporo si aggira sui 3.39 g/cm3. Mi direte: "solo una persona non sana di mente girerebbe per i bazar di Istanbul con una bilancia idrostatica". Avete ragione. In mancanza di strumenti gemmologici vi consiglio di osservare le faccette della corona, noterete una differenza nel lustro: molto più brillante la pietra naturale, favorita dall'alta dispersione, mentre più "vetroso" e spento il simulante. Tra l’altro, mentre preparavo queste note, ho trovato una comunicazione del GIA che già l’anno scorso avvertiva il pubblico dei gemmologi sull’apparizione di questa imitazione. Per concludere, l'unico ed eterno consiglio è: "mai farsi abbagliare dall'emozione del momento, dubitare ed usare sempre un approccio analitico e razionale". Dimenticavo: spesso le truffe esotiche sono accompagnati da pseudo-certificati che hanno lo stesso valore della carta straccia, quindi non acquistare mai se non siete sicuri delle vostre conoscenze. |
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Maggio 2019
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