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Diavolerie in progress. Viaggio nei luoghi dei trattamenti

2/11/2018

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di Francesco Sequino
Ma queste benedette pietre, chi le fa?
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Fig. 1 - Una manciata di corindoni sintetici di nuova generazione. È singolare notare che si è arrivati al punto che i sintetici cercano di imitare non solo le pietre di elevata saturazione e di ottima purezza, ma addirittura i corindoni trattati con diffusione profonda.

I nostri lettori sono molto incuriositi non solo dagli effetti dei trattamenti e dall'evoluzione delle sintesi delle principali gemme in commercio, ma anche da coloro che le producono. Chi ha la scintilla che permette poi di intervenire su un cristallo migliorandone la bellezza? Chi sono coloro che hanno l'intuito per riprodurre in laboratorio, in tempi brevissimi, ciò che la natura impiega intere ere geologiche per aggregare in modo ordinato gli atomi? La maggior parte di voi immagina costoro come scienziati intenti in calcoli numerici complicatissimi per far quadrare le formule chimiche… La fase successiva? Magari chiameranno in causa laboratori specializzati ed asettici per prove e sperimentazioni... e per finire forse si passerà per strutture dotate con strumenti ad alto contenuto tecnologico per produrre materiale gemmologico di alta qualità da immettere sul mercato...
Dimenticate. Non c’è niente di tutto questo, almeno per quanto riguarda la stragrande maggioranza delle pietre di colore.
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Fig. 2 - Contrariamente alle credenze comuni i trattamenti spesso non prendono spunto da studi approfonditi e dalla ricerca pianificata. I “burners” sono piuttosto degli artigiani molto abili nel trattamento ad elevate temperature.

​Chi si aspetta che la scoperta di come temperatura, pressione e alcuni elementi chimici possa alterare la bellezza delle pietre sia affidata a scienziati plurilaureati rimarrà deluso e non poco. Infatti da decenni il trattamento e la creazione di sintesi è spesso e volentieri affidata più ad alchimisti che a tecnici specializzati.
Avete letto bene, ho parlato di "alchimisti" perché, proprio come accadeva secoli fa, questi personaggi molto ingegnosi miscelano con saperi tramandati (spesso non sanno né leggere né scrivere) le misture che hanno a disposizione ed utilizzano la temperatura con maestria, anche se non sanno che l'energia assorbita dalla pietra cambia la disposizione o le valenze degli atomi.

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Fig. 3 - La casualità a volte permette di ottenere risultati inattesi.

Quindi come gli alchimisti utilizzavano code di rospo e occhi di serpente, allo stesso modo agenti cromofori sono inseriti in crogioli di fortuna o in fornaci di indubbia tecnologia ma di accertata utilità per avere gemme d'immensa bellezza a prezzi contenuti.
 
La sperimentazione è continua, si utilizzano grezzi di basso valore o di origine sintetica. I più organizzati segnano su un block notes la durata del trattamento, la temperatura utilizzata e l'elemento inserito nella fornace insieme alla pietra… e si aspetta e si spera, dopo tanti tentativi, che l'effetto sia quello desiderato. E talvolta i benefici economici ripagano abbondantemente l'intuito, come avvenne ad esempio con il trattamento al berillio dei corindoni. Altrimenti si continua all'infinito, alla ricerca del legame perfetto.

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Fig. 4 - Forno di vecchia generazione ancora in uso in Thailandia. Attualmente il controllo preciso delle temperature e dei tempi è indispensabile.

Un giretto nei laboratori segreti in Thailandia

Siamo entrati in uno di questi laboratori thailandesi dove si sperimenta e si creano le nuance che influenzeranno i gioielli del domani.
 Mentre in alcune stanze la produzione già collaudata confeziona gemme da vendere, in altre ali del fabbricato s'intravedono forni al lavoro, boccette (più simili a barattoli della Nutella riutilizzati che ad ampolle da chimici) contenenti polveri di vario colore e con scritte in alfabeto thai incomprensibili a noi poveri occidentali, dovunque bacinelle di plastica (identiche a quelle che utilizziamo per la biancheria) contenenti grezzi da sacrificare o già "martiri" della causa.
Bombole di gas alla rinfusa e cannelli di vario genere accumulati qua e là, tra di essi s'intravedono piatti sporchi e residui di pasti. Animali ed insetti girovagano indisturbati anche su una parte dello stabile andata a fuoco in uno dei tanti tentavi malriusciti. Il rischio per chi lavora qui è altissimo: norme di sicurezza inesistenti, materiale infiammabile accumulato nei pressi di forni arrangiati, fili elettrici assemblati in modo artigianale per aumentare l'efficienza dell'erogazione (l'energia elettrica è fondamentale). Entrare in questi ambienti non propri sicuri non incute timore: la rigogliosa vegetazione in cui è immersa la struttura, il sorriso e l'ospitalità dei proprietari, l'ingenuità e la naturalezza dei comportamenti dei presenti ti mettono a proprio agio. Hai una sola preoccupazione per la tua incolumità: i cani che presidiano l'area, molto efficienti… forse troppo!
Dopo i primi convenevoli, la mia sete di sapere induce prima l'occhio a indagare al di là del consentito, poi arriva il momento delle domande: credo che il mio entusiasmo fosse tale che ai poveri alchimisti sia sembrato più di far parte di un interrogatorio che di una conversazione tra amici. Non so se per colpa dell'interprete (i nostri interlocutori parlavano esclusivamente thai) poco avvezzo ai termini gemmologici, o per la scaltrezza dei padroni di casa, ma ogni mia domanda è stata driblata ad arte e ogni mia curiosità mai appagata completamente.
Per capirne di più, inizio ad essere più intraprendente e cerco di osservare i grezzi prima del trattamento e quelli che hanno già subito gli effetti della fornace, azione che infastidisce un po’ i proprietari di casa… educatamente mi rimetto in regola, anche perché la presenza dei cani non è rassicurante per chi disobbedisce agli ordini della casa.

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Fig. 5 - Corindoni prima e dopo il trattamento con vetropiombo.

Adesso si trattano i corindoni sintetici

Il mio rispetto e la discrezione più o meno obbligata viene in parte ripagata: i miei amici mi fanno assistere al trattamento di alcuni corindoni sintetici. Partendo da alcuni campioni (circa un migliaio di pezzi) di pietre già faccettate o di preformati di colore sbagliato (non sempre le ciambelle riescono col buco e anche le boule di grezzo di corindone qualche volta escono di colore poco gradevole e non commercializzabile) sono inseriti in alcuni forni con ambienti ossidanti oppure riducenti a temperature comprese tra i 1.000 °C e quelle estreme di 1.750-1.850°C; in alcune fornaci sono inserite delle polverine, miscugli di Titanio, Berillio ma anche Boro e se non erro Nichel e altri elementi ferrosi (in quelle circostanze il dubbio è d'obbligo). Il tempo di esposizione termica dei campioni è molto variabile dalle poche ore ai mesi, in molti casi la temperatura non è costante durante il tempo del trattamento ma giostrata con maestria. Naturalmente non ho potuto assistere a tutte le fasi, anche perché la mia visita è durata qualche ora, ma ho potuto constatare attraverso alcuni campioni esibiti che l'effetto dei trattamenti in molti casi cambia completamente l'apparenza delle gemme.

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Fig. 6 - Rispetto al tradizionale sintetico Verneuil i nuovi prodotti sperimentano agenti cromofori inediti che conferiscono un aspetto simile ad alcuni prodotti naturali.

Ho trattenuto alcuni corindoni sintetici che hanno subito dei trattamenti, per analizzarli nel mio laboratorio. Sono tutte pietre ottenute con il procedimento di fusione alla fiamma comunemente chiamati "Verneuil", ma con colori insoliti.
L'arancio "padparadscha" abbandona le sfumature accese del sintetico per rilasciare un marroncino appena percettibile che rende la pietra in apparenza più "realistica", il rosso rubino acquista una parvenza di porpora avvicinandosi alle tinte del materiale estratto in Madagascar, per non parlare del corindone sintetico dal colore identico a quello della Tsavorite. I miei colleghi più affermati obietteranno sicuramente che il riconoscimento di tali gemme è cosa molto elementare: linee di accrescimento, curve e microscopiche bolle di gas sono segni tangibili della natura sintetica, ed il trattamento nelle fornaci non lascia segni che strumenti o microscopi possano identificare. Qual è dunque il messaggio che l'articolo vuol recapitare? Semplice, ogni qual volta un grossista di gemme si avvicina a una pietra da acquistare la osservasse per benino, ogni minuto si sperimenta una diavoleria differente e TU potresti essere vittima di un incauto acquisto prima che qualche gemmologo riesca ad identificare e a rendere noto alla comunità l'alchimia di turno. Per il momento godiamoci le tinte ottenute e restiamo in campana: le truffe, fisicamente, fanno meno male dei cani da guardia, ma lasciano indelebili segni sull'integrità morale, anche se ignaro, del commerciante.
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