di Paolo Minieri. You can download the english version here: Pigeon Blood. A poetic description turning into a brand oriented quality grade. Quando il nome sangue di piccione non piaceva più. L’accostamento del rubino al sangue si perde nella notte dei tempi. Se ne trovano riferimenti nei resoconti cinesi ed in lingua araba (il grande gemmologo medievale Al Tifasci se ne occupa e al Afkani ne fa menzione). Ma l’equiparazione al sangue del piccione ha origini più controverse. Con ogni probabilità la vividezza dell’attributo (in birmano kotwe) discende più da una tinta presente nell’occhio del piccione che dal suo sangue. L’espressione fu poi ripresa quando nella seconda metà dell’Ottocento il materiale prezioso birmano affluiva nelle mani degli increduli funzionari coloniali britannici. Ma con assoluta certezza la disputa sull’appropriatezza e sui criteri di applicazione di tale definizione infuria, come mai prima, dal mese di ottobre 2015. La portata della contesa è planetaria, eppure questa si consuma interamente in Svizzera, un piccolo paese che però resta decisivo in quanto ad autorevolezza gemmologica. Un passo indietro. Il percorso storico che ha portato gradualmente agli standard odierni di classificazione gemmologica si caratterizza nel secolo scorso, tra l’altro, per la progressiva tendenza ad evitare la nomenclatura descrittiva per riferirsi invece a parametri quantitativi. Prendiamo ad esempio il colore dei diamanti. Per rilevarne lo scostamento dal bianco furono adottati dei gradi espressi in lettere. Un sistema che dovette sembrare assolutamente più oggettivo di quanto potessero spiegare quei generici riferimenti a località di estrazione. Similmente furono dei parametri riferiti a tinta, tono e saturazione a dettare le regole della classificazione di colore delle altre gemme. Per quanto concerne i rubini la combinazione migliore tra tono, colore di fondo ed elevata saturazione è generalmente indicata come vivid red. Questo è il grado di colore che connota le gemme più ricercate e questo è il contesto di riferimento in cui gli appassionati hanno sempre collocato il rubino sangue di piccione. Eppure per decenni nei report la definizione sangue di piccione non è stata utilizzata, costituendo agli occhi della comunità degli addetti ai lavori una sorta di descrizione soggettiva, una connotazione metaforica che ha più a che fare con la letteratura che con i rigidi ed oggettivi criteri tassonomici. Così la pensa non senza una certa dose di ironia il gemmologo J. Nelson che nel 1985 spiegava d’essersi rivolto allo zoo di Londra per determinare con la spettrofotometria il colore del sangue dei piccioni e concludeva: “...l’uccello birmano alla fine può essere rimosso dal reame della gemmologia e riconsegnato all’ornitologia”. Barbara Voltaire in un post del 2005 rileva coerentemente che il termine è arcaico e non quantificabile. Utilizzarlo sarebbe come ritornare ai tempi dei diamanti Wesselton o River, ovvero a misure indefinite. Questa lunga riluttanza dei gemmologi ad adottare una nomenclatura metaforica ed evocativa si può spiegare con lo scrupolo di volersi accreditare, in prima istanza, come scienziati mineralogisti. Infatti solo sotto le ali protettive di una scienza sperimentale costituita e riconosciuta la figura del gemmologo si poteva riscattare da quel lungo percorso, iniziato da Plinio e protrattosi fino agli inizi del Settecento, che vede il discorso sulle gemme ristagnare, in mancanza dei metodi e dei dati certi della mineralogia, su un piano di insicurezza metodologica. È dunque nell’arco centrale del secolo scorso che la gemmologia vuole dunque affrancarsi da una lunga fase storica contrassegnata dalla semplice connotazione descrittiva, una prassi che, ricorrendo a metafore, sfociava in contesti improduttivi per la causa della misurazione mineralogica. Il ricorso a citazioni di località d’estrazione come garanzia d’elevata qualità e l’evocazione di attributi fantasiosi sembravano più conseguenze di impressioni indimostrabili e deterministiche e apparivano più consone alla sfera del magico. Occorreva invece recuperare tutta l’autorevolezza dell’analisi mineralogica che indaga le proprietà dei cristalli in modo sempre più sofisticato ed esauriente. In un certo senso la gemmologia viene rifondata per introdurre quei parametri quantitativi di misurazione messi a disposizione dalle tecniche usate dai mineralogisti, a discapito di descrizioni inevitabilmente sommarie non riferite a scale definite. In definitiva fuori da un contesto di misurazione oggettiva - si sarebbe detto - tanto valeva restare fermi concettualmente a Plinio. Al contrario la gemmologia moderna ha voluto celebrare con un colpo di cesoia il definitivo affrancamento dal racconto e dal resoconto, gli strumenti del grande naturalista latino in uso fino a l’altro ieri. Persino R. Hughes, famoso non solo come profondo conoscitore dei corindoni ma anche per la sua visione di una gemmologia capace di restituire l’emozione evocativa dei luoghi e delle culture, nel 2001 scriveva: “Pigeon’s blood was the term used to describe the finest Mogok stones, but has little meaning today, as so few people have seen this bird’s blood”. Se si fissano criteri perché non riparlarne? GRS recupera il riferimento ematico. Allora niente più Pigeon blood, ma solo vivid red? In un certo senso l’attributo se ne va in soffitta e per lungo tempo non trova diritto di cittadinanza nei report principali. Ma nel 1996 Il GRS recupera il termine e lo utilizza nel giugno del 1998 per un rubino ottagonale analizzato per Sotheby’s. Adolf Peretti, direttore del GRS, nel 2015 registra il trademark Pigeon blood e chiarisce i propri criteri di classificazione che espone nella figura 2. Il sangue di piccione nella definizione di Peretti attiene al grado rosso vivido (del quale è un attributo aggiuntivo) ad alta saturazione e basso tono privo di sovrattoni marroni o arancio con fluorescenza da media ad alta. Gli agenti che producono la combinazione cromatica sono individuati nell’alta percentuale di cromo a fronte di una componente di ferro da bassa a media e comunque inferiore al cromo. La definizione inoltre è applicabile a tutte le origini geografiche del materiale se le condizioni rivelano le caratteristiche citate. Lo status di Pigeon blood può essere concesso ai rubini con semplice trattamento termico purché senza aggiunta di berillio, di diffusione superficiale, di residui o di riempienti. Lo stesso Peretti ricostruisce il percorso dell’indagine che lo ha condotto alla reintroduzione del termine in un documento (www.pigeonsblood.com) nel quale si precisa che i parametri scientifici in uso garantiscono un reale fondamento della nomenclatura. Il sangue di piccione dunque non è più un riferimento asservito a quella che Peretti definisce bene come romantizing literature, quella sfera cui in precedenza s’è fatto riferimento storico come filone magico. In effetti il GRS non ha fatto altro che recuperare con dignità di parametro quell’elemento fiabesco che, sebbene si siano prese le distanze, evidentemente continua a scorrere parallelo, ma come fiume carsico, all’investigazione chimico fisica. Da questo momento lo sdoganamento del termine Pigeon blood è ormai stato effettuato ed il risultato in termini commerciali è di assoluto rilievo perché evidentemente s’è colta un’esigenza commerciale. Sotheby’s e le grandi case d’asta gradiscono l’attributo poiché è parte dell’immaginario collettivo e semplifica la trasmissione del valore al grande pubblico. Insomma il mercato, come sempre, invia continui messaggi alla comunità gemmologica e in sostanza la condiziona. Negli ultimi quindici anni il riferimento ematico, reintrodotto dal GRS con tanto di master e protocollo, riaffiora timidamente nei report degli altri principali istituti. Ma in che modo? A titolo esemplificativo prendiamo un caso recente. SSEF e Gübelin hanno splendidamente accompagnato alla vendita del 12 maggio 2015 per Sotheby’s un anello montato con un rubino di 15,046 carati proveniente dalla valle di Mogok e con due diamanti con taglio a scudo rispettivamente di 2,47 e 2,70 carati (aggiudicato a CHF 28.250.000). Indicativo un passo della descrizione contenuta nel report n. 78414 di SSEF: “il colore vivido ma saturo, cui ci si riferisce poeticamente come sangue di piccione, è dovuto alla combinazione di elementi in traccia ben equilibrati nella pietra, tipici e caratteristici dei rubini più fini di Mogok”. Il documento, impeccabile ed elegante, sembra mostrare un certo pudore, quasi un imbarazzo, nel ricorso all’attributo pigeon blood che in una certa misura viene svestito dalla pregnanza quantitativa o qualitativa. È un dato non misurabile ed in quanto tale soggettivo o poetico, cioè letterario o magico. Divieto di ingresso ai laboratori e riconsegna allo zoo: il sangue di piccione risente ancora del duro commento di J. Nelson. Perché tirarsi indietro se la giostra diverte? Tutti i players ci ripensano. Non si tratta di casi limitati. Con l’eccezione del GRS la lunga fase di ritrosia scientifica sul sangue di piccione, cui ci si riferisce come connotazione non oggettiva, ha in pratica coinvolto tutti i principali istituti mondiali d’analisi gemmologica e si è protratta per decenni. Ma le sirene del mercato sorridono ben più felici quando i report possono evocare, sia pure con discrezione o tra parentesi, il miracoloso attributo del sangue di piccione. L’acquirente di un rubino costoso vuole gratificarsi con qualcosa di più di un rosso vivido. Prodotto e prezzo sono d’alta gamma, la terza P del marketing, la promozione, deve corrispondere al rango ed all’unicità delle prime due. E qual è il primo veicolo di promozione di una pietra se non la dichiarazione gemmologica? Ormai il trend pretende che pigeon blood compaia stabilmente come dato di misurazione insieme agli altri rilievi quantitativi e qualitativi utili a sostenere la rarità delle gemme e quindi la loro promozione. Il 2015 è l’anno spartiacque. Tutti i più rilevanti players dei report gemmologici ormai si sono persuasi dell’opportunità di ritrovare spazio al sangue di piccione. Le condizioni sono ormai mature perché SSEF e Gübelin escano all scoperto. I due grandi istituti emettono un comunicato congiunto il 4 novembre nel quale in pratica annunciano di aver armonizzato i criteri e di aver individuato master per l’utilizzo del grado pigeon blood. Le caratteristiche individuate per molti versi non divergono da quelle già fissate dal GRS: colore di fondo rosso senza compromessi di sottotoni marroni o blu (accettato una leggerissima tinta rosa), forte fluorescenza e prevalenza tra gli elementi in traccia di cromo rispetto al ferro. In mancanza di uno standard internazionale certamente sarebbe tecnicamente decisivo e di grande aiuto raffrontare i master con quelli del GRS. Ma sembra che non è solo qui che risiedano le divergenze sostanziali. Infatti per SSEF e Gübelin pigeon blood è una categoria valida solo per rubini non trattati termicamente e di provenienza geografica esclusiva (Valle di Mogok o distretto di Namya 300 km più a nord). Inutile dire che tali formulazioni hanno incontrato immediato contrasto da parte di Adolf Peretti, il quale eccepisce sull’esclusione di gemme aventi le stesse caratteristiche chimiche, identica combinazione di tono e saturazione ma estratte fuori dalla ristretta area birmana o sottoposte a riscaldamento senza riempienti. Non è il caso ovviamente di entrare nel merito. Si avvierà probabilmente un più vasto processo di armonizzazione del quale è inutile parlare prematuramente. Vale tuttavia la pena notare che il piano di indeterminatezza che rendeva, come s’è visto, tiepidi gli specialisti all’utilizzo del termine, adesso s’è spostato dal livello letterario/magico a quello tecnico/scientifico. Proprio nel comunicato del 4 novembre SSEF e Gübelin sottolineano l’ambiguità imperante tra gli analisti per l’uso di un termine non regolato da standard. Ma a questa rispondono con parametri, sì fondati su proprietà misurabili e master, ma tutto sommato non ancora condivisi e quindi arbitrari. In sintesi estrema: prima pigeon blood non era un termine gemmologicamente idoneo perché usato quale attributo poetico e non lo è ancora oggi per la soggettività con cui ciascuno si fonda i propri criteri di applicabilità. È il caso che tutti gli operatori riflettano su un punto cruciale, il rapporto cioè tra indagante (il gemmologo) e materiale indagato (le gemme). Questo non è equivalente a quello tra scienziato (mineralogista) e campione d’indagine dove sussiste solo un intento neutrale di catalogazione e di repertorio. L’oggetto dell’investigazione gemmologica invece modifica il proprio valore economico a seconda dei contesti su cui si poggeranno i parametri di giudizio. Chi delinea le condizioni necessarie e sufficienti per assegnare, non una lettera alfabetica o un numero progressivo, ma un nome d’evocazione magica utile al successo del marketing dei rubini, ne determina in ultimo il valore commerciale perché da solo stabilisce i criteri di valutazione che ne sono alla base. I divergenti criteri di identificazione del grado sangue di piccione nell’area rosso vivido si possono legittimamente interpretare come computi di valore che i diversi istituti propongono al mercato. Così ad esempio un rubino proveniente dal Mozambico, con tutte le carte cromatiche e con il rapporto Cr/Fe in regola, sarà un sangue di piccione solo per GRS. Ma curiosamente la costituzione di parametri (tutti rispettabili, considerato il prestigio dei players implicati) non omogenei consolida il valore economico in modo omogeneo poiché produce effetti di brand. Al grande pubblico non arriveranno certamente le differenze tra i parametri di classificazione dei diversi report. Arriverà solo il grado Pigeon blood inteso come proprietà di qualificazione commerciale, garanzia di eccellenza. Di tutti questi dettagli, alla fin fine, non arriverà che un brand. La brandizzazione del rubino. Il brand di un gioiello è la casa produttrice con l’insieme di valori che storicamente sa esprimere e comunicare. Ma può esistere il brand di una gemma? Questo status non può esser assegnato di per sé, se non in esigua misura, dai dati dell’estrazione, dell’impresa produttrice, tagliatrice o dalla distribuzione. Questi sono elementi che non valicano la catena di fornitura e non possiedono un appeal tale da influenzare il consumatore. Per certificare l’eccellenza con l’immediatezza autorevole di un brand la strada più agevole il gemmologo la sta ritrovando in quel percorso parallelo in cui riscopre, con cautela scientifica, l’efficacia dell’uso poetico e letterario delle descrizioni. Il recupero, seppur non coincidente tra gli istituti, dell’attributo sangue di piccione rivela in trasparenza - come abbiamo visto - i passaggi storici del ruolo e dei confini che la gemmologia assegna a sé stessa. Nella dicotomia tra il carattere descrittivo (poetico, letterario, magico) e quello oggettivo (classificazione quantitativa) ha per molto tempo prevalso quest’ultimo. È ciò ha finito con l’equiparare il gemmologo al mineralogista, entrambi semplici catalogatori di specie. Ma il pigeon blood possiede un richiamo così potente che può valere bene un nuovo parametro distinto dal vivid red. Recuperando una connotazione soggettiva e rendendola oggettiva si fa sì che un grado quantitativo di colore rappresenti un marchio di qualità certa, ossia un brand. E questo denota una fase nuova che obbliga il gemmologo a ritracciare i confini delle proprie attitudini e dei propri campi di interesse. Ora potrebbe nuovamente servirgli quel bagaglio derivato dalla fase descrittiva che prima gli appariva ingombrante ed imbarazzante perché alludeva a epoche di ignoranza o di imperfetta conoscenza delle leggi cristallo-chimiche e in ultimo alle superstizioni dell’era magica. Ora il vecchio armamentario può tornare utile a condizione di rivestirsi di presentabilità scientifica per poter poi rendere più efficacemente nei report i fattori emozionali, la storia, la poesia che il mercato richiede e che sono conditio sine qua non per irrobustire la trasmissione della qualità. APPROFONDIMENTI: Hughes R.,Pigeon’s blood: Chasing the elusive Burmese bird, http://www.ruby-sapphire.com/r-s-bk-burma3.htm Van Gelder G.J., Precious stones precious words, in “Oh ye gentlemen. Arabic studies on Science and literary culture, pp. 313-332, Brill, Leiden, 2007. A.A.V.V., Progetto Euromin, La storia della mineralogia attraverso i musei di mineralogia europei, http://catmin.geo.uniroma1.it/area_book/book/Storia%20della%20mineralogia%20(Euromin%20Progetto%20Raphael).pdf Hughes R.,Pigeon’s blood. A pilgrimage to Mogok, the valley of rubies. http://www.ruby-sapphire.com/pigeons-blood-mogok.htm SSEF, Gübelin (press release), Switzerland’s SSEF and Gübelin Gem Lab agree to harmonise ‘pigeon blood red’ and ‘royal blue’ standards. http://www.ssef.ch/fileadmin/Documents/PDF/Press_release_Pigeonblood_Royalblue_SSEF_GGL_final.pdf Peretti A., An ethical debate concerning ‘pigeon’s blood’ rubies and ‘royal blue’ sapphires from diverse origins, http://gemresearch.ch/an-ethical-debate-concerning-pigeons-blood-and-royal-blue-for-corundum-from-diverse-origins/ ![]()
|
GemTech NewsVisita il nuovo sito Gem-Tech per le notizie gemmologiche aggiornate! Archivi
Maggio 2019
|