Un buon cliente vi viene a trovare e vi domanda un'alessandrite. Panico, sorpresa, incredulità. Ammesso pure che sappiate bene di che si tratta non vi viene in mente un fornitore affidabile. Non vi allarmate, mantenete il sangue freddo. Se vi hanno chiesto un'alessandrite potete pure accontentare il cliente. Ma bisogna però sapere alcune cose. Sarà infatti un effetto della sua rarità, una conseguenza del marketing riservato alle gemme esclusive o perché magari prorompe tra quelle suggerite dallo Zodiaco per i nati a giugno. Sarà come sarà ma in gioielleria capita sempre più spesso che all'improvviso qualcuno richieda un'alessandrite. Questo pregiatissimo crisoberillo deve la sua fortuna ad un accentuato (meglio se accentuatissimo) pleocroismo che ne fa l'indiscussa gemma regina del cambio di colore. E questo deve rimanere il parametro principale della sua valutazione. Un passato glorioso, un presente dinamico. L'alessandrite fu scoperta nei monti Urali intorno al 1830, un momento storico ideale per apparentarsi alla potenza imperiale russa ed agli sfarzi della sua corte. Prese dunque il nome del futuro Zar Alessandro II e ne condivise per sempre l'aura aristocratica, un destino regale. Ciò lo si spiega con il fatto che per lungo tempo non ci furono altri luoghi di rinvenimento. Le caratteristiche speciali del fantastici cambio di colore ne fecero un must per i gioielli più esclusivi. L'alessandrite era per pochi. E rimase per pochi poiché l'abbondanza s'esaurì alquanto rapidamente: le vene degli Urali diedero il meglio all'inizio e di gemme di un certo peso con rossi e verdi distinti se ne sono viste sempre meno. Dal 1987 si rinviene alessandrite in Brasile e più recentemente in Sri Lanka, Myanmar, Zimbabwe e Madagascar. Possiamo dire che il mercato ha ispirato la ricerca e la valorizzazione di questi nuovi depositi dai quali provengono alessandriti talora molto intriganti ma non certo più tutte fenomenali come le russe. Spesso vengono proposte gemme con pleocroismo assai debole oppure con colori pallidi o poco attraenti: questi fattori incidono sul prezzo. Il nome così maestoso non è una patente per quotazioni stellari, di certo le gemme vanno contestualizzate solo per le loro proprietà e mai solo per la loro denominazione. Molto spesso capita di vedere dei graziosi crisoberilli verdi spacciati per alessandriti (talora con tanto di certificato!): fare attenzione, se muovendo e rimuovendo la gemma il verde resta verde, il crisoberillo non ė di varietà alessandrite e lo si può acquisire a cifre molto più basse. Si, ma cos'è? L'alessandrite é una rara varietà di crisoberillo che ha la sua particolarità nella cangianza (o metamerismo): apparirà di color verde alla luce del sole, mentre diventa rossa se la pietra è illuminata da una lampada a incandescenza. Il crisoberillo è una specie tricroica e come tale assorbe e riflette la luce in modo diverso a seconda del piano osservato. All'analisi spettroscopica rivela uno spettro di assorbimento differente per ciascuna delle tre direzioni ottiche, causando diversi colori se visti da angolazioni diverse in relazione alla struttura cristallina. Tuttavia, non è il tricroismo il responsabile del notevole cambiamento di colore. La cangianza è il risultato della presenza, anche se in quantità irrisorie, di alluminio con cromo, sotto forma di ioni di Cr+3. La loro disposizione assorbe e riflette la luce in modo unico nel panorama gemmologico. Basti pensare che il cromo è il responsabile del colore rosso nei corindoni (rubini) con la banda di assorbimento a circa 550 nanometri e nel berillo (smeraldi) dove la banda si assesta a circa 600 nm. Nell'alessandrite la banda di assorbimento è a circa 580nm, proprio al confine tra il rosso e il verde. La luce solare (daylight) contiene una percentuale maggiore di luce blu e verde rispetto a quella ad illuminazione a luce incandescente che ha un maggiore equilibrio di luce rossa. Alla luce del giorno una maggiore porzione di luce verde farà apparire il colore verde. Al contrario, sotto la luce ad incandescenza con assorbimenti più equilibrati la pietra ci apparirà di colore rosso. Si, ma quanto vale? In effetti le alessandriti sono più abbondanti sotto il carato. Per gli appassionati dei primati il cristallo tagliato più grande pesa 65,7 carati, riviene dallo Sri Lanka e si trova presso la Smithsonian Institution. Le quotazioni per la qualità sotto il carato con forte cambio di colore possono toccare i 15.000 US$ per carato fino a toccare i 70.000 US$ per quelle di peso maggiore. Leggiamo che in questi giorni una gemma russa di 9,65 carati (proveniente da gioielleria antica? Probabile) è in mostra a Dubai ed in vendita a due milioni di dollari. Il fatto è che quando apprendiamo tali notizie siamo colpiti dalla sindrome museale e pensiamo: questi sono oggetti inavvicinabili, se li possono permettere solo i magnati col pallino del collezionismo. Sì, vero. Ma non è detto che si debba però rispondere al cliente che vuole l'alessandrite: lascia stare, comprati un diamante o un rubino. Però per determinare bene l'investimento dobbiamo fare un passo indietro e valutare correttamente le proprietà fisiche. Quali colori e come cambiano. Ci sono alessandriti ed alessandriti. Un po' come succede per l'opale non dobbiamo concentrarci su un colore ma su una combinazione di colori. Infatti l'accentuato pleocroismo fa esibire a questa varietà di crisoberillo il rosso profondo/arancio e il giallo/verde. Nella valutazione naturalmente incide la purezza ma in misura minore del gioco di colore che rimane il primo fattore della valutazione. Un primo elemento è costituito da quanto i rossi ed i verdi si discostino dai gradi più puri dello spettro. Un secondo elemento è dato da quanto sia accentuato il cambio di colore. In definitiva dunque si possono trovare quotazioni meno impegnative per tinte intriganti perché variano poco alla luce. Oppure interessanti giochi cromatici che non si sviluppano con verdi e rossi assoluti ma piuttosto con verdi pallidi e giallastri e rossi bruni, arancio e grigiastri. Peso e purezza fanno il resto. Certo non dovremo dire ad un cliente che per poco avrà un'alessandrite. Ma non dobbiamo neanche abbandonare la partita prima di giocarla. Inizia il nuovo anno: è tempo di capire ed anticipare quali saranno i trend del 2017. Pantone, ormai divenuto uno standard per la classificazione dei colori in grafica, ha scelto il colore dell’anno, un giallo-verde piccante chiamato “Greenery” (Pantone 15-04343). Per gli amanti della gioielleria, questo colore richiama perfettamente quello del Peridoto, gemma dal colore fresco ed estivo che solitamente viene associata a tutti i nati nel mese di Agosto. L’intensità del colore dipende dalla percentuale di ferro contenuta nella stuttura dei cristalli. Sarà quindi il 2017 l’anno del peridoto? Un colore che riconcilia con la natura, una gemma che ringiovanisce e rinvigorisce, un’ottima scelta per tutti i designer e i gioiellieri che possono lasciarsi ispirare dalla tinta Greenery per abbinare il peridoto a pietre come acquamarine, ametiste, citrini e tormaline rosa. Ma perché i diamanti belli portano sfiga? E’ uno dei diamanti più famosi del mondo. Il blu Hope, dal peso di 45,52 carati e di un colore blu naturale, intenso, quasi ipnotico, che ha ammaliato (e talvolta ammazzato) mercanti, sovrani e gioiellieri. Nella sua lunga storia, attraversando continenti e corti imperiali, si è lasciato dietro un bollettino di guerra, tra morti, suicidi e malattie. Adesso il National Geographic ha dedicato un bel video alla sua creazione. Ma qual è la sua storia? Comincia in India, dove il diamante grezzo fu estratto dalle miniere di Golconda, nell'attuale Andhra Pradesh, e fu incastonato in un idolo locale. Nel 1688 fu acquistato dal mercante francese Jean-Baptiste Tavernier: si narra che fu proprio lui a rimuovere la pietra dall’idolo causando la maledizione che grava sulla pietra e che lo avrebbe portato a morire durante il viaggio. Dall’India alla Francia, il diamante si ridusse dai 112 carati iniziali a 67,5 carati cambiando il nome in Blu di Francia. Posseduto dai sovrani Luigi XVI e Luigi XV (morti entrambi con dolorose malattie), la sfortunata gemma fu donata a Maria Antonietta, che finì decapitata durante la Rivoluzione Francese. La pietra che conosciamo oggi fu tagliata nel 1830, su commissione del nobile inglese Lord Francis Hope, che acquistò la gemma dandole il proprio nome. Successivamente arrivò in Russia (dal principe Kanitowski, morto atrocemente), in Grecia (da un gioielliere che cadde in un burrone ancora prima di ricevere la pietra), in Turchia (dal sultano Abdul Hamid II che fu deposto ed impazzì) e in Francia, da Pierre Cartier (uno dei pochi a non avere avuto conseguenze nefaste, ma che probabilmente avrà fatto i suoi scongiuri). Oggi la gemma è conservata presso lo Smithsonian Institute di Washington. Ma oltre alla tremenda fama di cui è portatrice, cosa ha reso questo diamante così speciale? Sicuramente la sua eccezionale bellezza, anche se ha un peso non paragonabile rispetto ad altri diamanti famosi. Ma perché i diamanti blu sono così rari? Tecnicamente, Il diamante blu deve il suo colore alla presenza di boro presente nel reticolo cristallino (IIb type). Il boro ha valenza 5, quindi legandosi agli atomi di carbonio (che hanno tutti valenza 6), lasciano un elettrone libero ("vacancy"). Quando le onde elettromagnetiche passano attraverso il reticolo cristallino, una parte dello spettro del visibile viene assorbito da questi elettroni liberi, rilasciando il colore blu. Inutile dire che diamanti del tipo IIb sono estremamente rari, e ancora più rari sono quelli che mostrano un colore blu intenso. E' molto più facile trovare quelli di colore grigio, oppure di celeste molto tenue. New York, Natale 2016. L’aria di festa si respira ad ogni angolo. E si respira anche l’aria dei regali di Natale. Il centro mondiale dello shopping è qui, sulla Quinta Strada, la mitica 5th avenue. Passeggiando lungo il cuore di Manhattan veniamo invasi dalle vetrine di Armani, Gucci, Cartier, Bulgari. Si acquista come non mai, sfoggiando le buste da shopping come fossero Rolex e gioielli. Uscendo dall’Hotel Plaza, tra un’immersione nell’arte del Guggenheim Museum e una capatina a Central Park, è immancabile una visita nello store per eccellenza del diamante: il negozio De Beers al 611 della 5th avenue. Ma sebbene un diamante è per sempre, un negozio di diamanti evidentemente no. De Beers ha deciso di trasferirsi, come ultimamente hanno fatto altri marchi (quali Bottega Veneta e Fendi) nella vicina Madison Avenue, cuore pulsante dell’eccellenza pubblicitaria statunitense. Dal semplice shopping a un’esperienza diversa: regalare ai clienti un contatto diretto col diamante grezzo. Nel nuovo brand store temporaneo (in attesa di una nuova apertura definitiva nei prossimi anni) i potenziali clienti possono vedere, toccare e sentire i diamanti grezzi: un modo per apprezzare ancora di più i diamanti tagliati, in un’atmosfera più intima ed esclusiva. Per l’occasione, ecco esposto un grezzo II-b da 109 carati, proveniente direttamente dalle miniere della corporation. Con 4 punti vendita negli Stati Uniti, 7 in Europa, 3 in Medio Oriente e 17 in Asia, De Beers Diamond Jewellers continua la sua espansione restando leader anche nel settore del diamante retail, con tassi di crescita a doppia cifra in Cina. Premessa: la quotazione del diamante incolore ha un andamento stabile, senza picchi significativi. I fancy negli ultimi anni volano: sono pochi, sono sempre diversi, sono sempre più richiesti. Ma fluttuano, perché non sono assimilabili e standardizzabili come altre gemme. Come valutarli con un andamento storico certo? Purezza, peso, intensità del colore, forma. Finora sono sempre stati questi i tratti fisici delle pietre inclusi nei certificati del diamante. E se andassimo oltre? Cosa fare se volessimo conoscere quanto è raro il nostro diamante fancy? La FCRF (Fancy Color Research Foundation), organizzazione israeliana, ha lavorato cinque anni raccogliendo informazioni e conducendo analisi per poter raggiungere finalmente un risultato. Il frutto di questa fatica è il FCRE (Fancy Color Rarity Evaluator), il primo valutatore di rarità dei diamanti fancy. Inserendo il numero di certificato GIA della pietra, oppure semplicemente alcune informazioni fisiche (colore, purezza, forma, peso, intensità del colore) sarà possibile avere una stima di rarità per i diamanti fancy rosa, blu e gialli. L’indice di rarità risultante si basa sul numero di pietre dello stesso tipo scoperte durante l’anno e assegna ad ogni singola pietra un valore da 1 a 10 (da “Comune” a “Super Pietra”). Il sito FCRE è gia online, ma tra non molto tempo la FCRF introdurrà quindi i suoi “Certificati di Rarità”, un passo in avanti nel segno della trasparenza delle informazioni e che sicuramente avrà un impatto positivo nel settore dei diamanti fancy. |
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Maggio 2019
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