Fino a qualche anno fa il livello qualitativo d’eccellenza per le pietre di colore era fissato dalle gemme che partivano già da un certo peso. Adesso siamo al centro di una trasformazione radicale, esattamente come qualche decennio fa è avvenuto per i diamanti: le pietre tonde di contorno devono essere a regola d’arte. La strada la indicavano i diamanti ma nessuno aveva il coraggio di iniziare con i rubini, gli smeraldi ed i zaffiri Da quando il colore ha cominciato ad invadere le vetrine, che una volta abbagliavano per il gioco quasi esclusivo dei diamanti, si sono fatti passi avanti. Ma all’inizio il taglio era il vero fattore di debolezza per le gemme naturali (Figura 2). ![]() Figura 2. Un lotto di rubini di grezzo thailandese con taglio tondo risalente agli inizi degli anni '70. La natura del materiale d'origine molto spesso si prestava a un taglio estremamente basso, con inevitabili finestre. Per lunghi decenni lo standard di ritaglio del materiale thailandese è rimasto non molto differente da quello illustrato da questa foto. (Foto: Collezione Paolo Minieri Pietre) Si tagliava accuratamente solo il pezzo che garantiva peso e purezza; negli altri casi si preferiva non applicarsi, meno che mai con tondi dal peso di pochi centesimi di carato. Qualcuno vedeva le potenzialità delle pietre di colore, ma più come un orgogliosa rivincita contro la dittatura dell’incolore (i costosi diamanti potevano tutto ma non ravvivare con tinte fantasia) che per una oggettiva valutazione di mercato. Si cercava di puntare su quello che i diamanti non avevano, ad esempio dimensioni e cromatismi. E, naturalmente, su prezzi più accessibili. Ma le gemme colorate dai diamanti dovevano prendere spunto, non cercare di superarli. Ecco un primo elemento di cambiamento. Se i diamanti avevano storicamente, a partire dagli anni ’60, svoltato con l’applicazione dei tagli ideali, le pietre di colore erano rimaste al palo. Era semplicemente una questione di prezzo: nessuno si prendeva la responsabilità di incrementare il costo di tagli tondi piccoli, se non piccolissimi. Nessuno pensava fosse conveniente raccogliere meno peso dal grezzo ed allo stesso tempo raddoppiare le tariffe dei tagliatori (Figura 3). ![]() Figura 3. Smeraldi con taglio tradizionale denominato spesso anche "native-cut". Per quanto si tendesse a mascherare le proporzioni sbagliate tagliando la tavola in maniera più accurata, il padiglione veniva mantenuto alto per conservare peso. Non di rado grezzi particolarmente luminosi sono stati di fatto compromessi da questa tecnica inadeguata e approssimativa. Le pietre native-cut nella maggior parte dei casi hanno faccette irregolari, tavole con cavità, lucidatura scadente ed asimmetria generale. Limiti dei primi diamond cut di colore Poi si cambiò. Le prime produzioni del taglio a brillante si ispiravano pure troppo ai diamanti. Infatti si tentò di ottimizzarne e codificarne il taglio mutuando l’angolo alfa e l’angolo beta, rispettivamente della corona e del padiglione, dal taglio ideale dei diamanti. Ma l’ottica invece, quando si vuol ottimizzare la brillantezza, assegna a corindoni e berilli angoli specifici che sono ben diversi da quelli dei diamanti, i quali secondo i calcoli di un taglio ideale (Tolkowsky) sono 34,5 gradi per la corona e 40,75 per il padiglione (Figura 4). ![]() Figura 4. Taglio ideale del diamante, proporzioni di Tolkowsky. Come si sa, l’industria mantiene elevati standard di qualità pur modificando entro spostamenti minimi gli angoli alfa e beta del taglio dei diamanti. Resta comunque un dato di fatto che queste oscillazioni sono tollerate solamente quando si tagliano diamanti. L’applicazione pedissequa di questi parametri ai corindoni o ai berilli non produce risultati idonei ed è opportuno lavorare adattando di volta in volta gli angoli giusti che da cristallo a cristallo permettono al raggio di luce incidente di attraversare più volte il minerale con conseguente aumento di brillantezza. (Foto: diamondsourceva.com) Inoltre, mentre con i diamanti ricondurre le pietre del melee a vari lotti per purezza e colore era un lavoro relativamente semplice, nel colore ci si trovò in un bel pasticcio. Infatti avere a che fare con tono e saturazione, oltre che con la purezza complica enormemente il compito del selezionatore. Le pietre ancora oggi sul mercato, anche se di taglio uniforme, continuano a porre dei bei grattacapi a chi deve armonizzarle in un bracciale tennis o in una qualunque combinazione. ![]() Figura 5. La fornitura industriale del materiale grezzo se da un lato obbliga a notevoli investimenti dall’altro offre un imperdibile occasione di standardizzazione e selezione adeguata dei colori e delle grandezze. Questa nuova situazione sta aprendo sviluppi che addirittura, a conti fatti, possono risultare anche in una riduzione dei costi in quanto in futuro ci sarà meno scarto. (Foto: V. Pardieu) Grandi quantità di grezzo per aumentare la disponibilità di pietre omogenee Tagliare diamond cut di rubini, zaffiri e smeraldi non è una cosa per piccole imprese. Teoricamente sarebbe possibile a tutti ottenere delle ottime gemme per colore, purezza e manifattura. Ma in che quantità? Il fattore chiave sta nell’approvvigionamento. Oggi l’estrazione industriale (Figura 5) mette a disposizione lotti di grezzo con caratteristiche più omogenee di quanto non si potesse ottenere in passato o di quanto molti piccoli tagliatori ancora ottengano quando raccolgono, qui e lì, i residui lasciati dalle operazioni più pregiate, quelle che producono dal carato in su. Altro fattore critico è ancora rappresentato dall’obsolescenza della strumentazione (Figura 6). ![]() Figura 6. Una ghiera con gli indici che permettono di controllare con precisione gli angoli di taglio. Per quanto possa sembrare anacronistico, molti tagliatori artigiani lavorano in assenza di questa strumentazione o con sistemi fortemente imprecisi. Questa condizione è la principale causa dell’effetto di disomogeneità che molti lotti sul mercato di pietre di colore con taglio diamond cut presentano. (Foto: ultratec-facet.com) Ciò compromette in larga misura la delicatissima fase del controlli degli angoli. Anche la lucidatura spesso rimane inadeguata e vanifica la resa di quelle pietre che avrebbero avuto in partenza tutte le altre carte in regola. Il Diamond cut è in parte una procedura meccanizzabile e questo inevitabilmente presuppone investimenti da parte di chi però deve avere conoscenza anche dell’ottimizzazione dei costi. Non è infatti concepibile che il mercato possa pagare quello che la ricerca della perfezione (che non bada a spese, perdite, selezioni, sprechi, diseconomie) pretenderebbe. Il diamond cut del futuro sarà fatto da esperienza, storia e know how La domanda globale di gemme di colore è in sensibile crescita, pare proprio che i rubini vogliano avvicinarsi ai diamanti con una domanda mondiale nel mercato di circa 2 miliardi di dollari. L’industria luxury non ha gli storici limiti di spesa delle imprese orafe artigiane e non pone nessuna asticella laddove in ritorno si può ottenere altissima qualità. In questo contesto non esiste frontiera più promettente del taglio a brillante calibrato. Ciò è vero per i tagli tondi che, in percentuale, ne rappresentano una grossa fetta. Ma è verissimo anche per altri stili e forme, per ovali e gocce innanzitutto. Se per le gemme di alta gamma, a causa dell’unicità di ciascuna pietra, la riproducibilità non è un fattore di scelta, per i tagli a brillante invece è determinante. Ciò rende la catena di fornitura un processo decisivo in quanto deve controllare continuamente tutte le fasi produttive, l’omogeneità del prodotto e la sua continuità. L’industria orafa ha bisogno di quantità certe ed uniformi, nella stessa modalità con la quale si è abituata ad assorbire materiali di largo consumo quali le perle sferiche firmate d’acqua dolce e salata, le pietre naturali o sintetiche calibrate etc. ![]() Figura 7. Un esempio di perfetta riproducibilità di colore e luminosità ottenibile da partite uniformi di materiale grezzo. Lo zaffiro rosa deve il suo colore a agenti cromofori presenti in tracce con contenuti di ioni di ferro altamente variabili. Gestire le fasi di fornitura di grezzo è fondamnetale per ottenere una tavolozza uniforme. (Foto: Collezione Paolo Minieri Pietre) Non sarà più un gioco del tipo: vado, seleziono, compro, mischio, setaccio e vendo. Il Diamond cut sarà un lavoro di programmazione riservato a chi detiene conoscenze tecniche, offre schemi e feedback alla manifattura che a sua volta dovrà mettere sul tavolo cospicue quantità di grezzo. La merce offerta, una volta episodica, estemporanea ed episodica, dovrà essere trasformata in un vero prodotto con una scheda, un protocollo ed un check di qualità. Una dimostrazione ulteriore che la gioielleria non richiede materia prima indifferenziata ma invece un prodotto viene dalla tendenza all’allargamento del Pantone. Oggi infatti le creazioni esigono oltre ai rossi ed ai blu di rubini e zaffiri, oltre al verde degli smeraldi, anche tinte complementari e idonee a fornire quella tavolozza indispensabile al design orafo moderno. ![]() Figura 8. Ormai le principali aziende devono prendere in considerazione quella che indubbiamente sarà la domanda del futuro, una articolata gamma tonale che comprenderà tutte le sfumature virtualmente realizzabili. La frontiera del taglio brilliant comprenderà qualunque materiale che offra durezza e resistenza all’incassatura. (Foto: Collezione Paolo Minieri Pietre) Viola, lilla, porpora, rosa, fucsia, gialli miele, gialli canarini, ocra, aranci pallidi e pieni, verde bottiglia e verde mela. Il tutto con la possibilità di sfumature ed armonizzazioni. L’industria premierà chi in questi anni ha investito nella nuova frontiera. Il bello deve ancora venire. |
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Maggio 2019
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