L’AGTA, l’Associazione dei commercianti di gemme degli Stati Uniti premia ogni anno in diverse categorie il design di gioielli e di gemme. Lanciata dal 1984, la competizione è divenuta la più importante del mondo, un vero e proprio Oscar alla creatività attribuito da commissioni selezionate di giudici dalle competenze articolate e riconosciute. Il livello è subito certificato dalle gemme vincitrici del settore coppie. Un particolare interessante: quando si guarda attentamente prima il pezzo di destra, poi il pezzo di sinistra di ciascuna coppia, si noterà facilmente che i due pezzi corrispondono esattamente in cromatismo, superficie e geometria della faccettatura. Non è la stessa pietra risistemata con un ritocco ma si può cadere in tentazione. Primo posto tra le coppie ad una pariglia mozzafiato di tormaline Paraiba di 53,56 carati di Mikola Kukharuk (Nomad’s, New York). Ma anche i secondi ed i terzi in classifica sono da togliere il respiro. Tanzaniti di 49,36 carati e opale nero di 17,61. Sono tutti elementi che già singolarmente eccellono per equilibrio di saturazione e purezza. Ma il dato stupefacente è la loro perfezione nel farsi coppie ed il coraggio mostrato dai tagliatori per credere a questa possibilità sin dal progetto iniziale di segatura e sgrossatura. Infatti il tagliatore che crede di poter ricavare una coppia perfetta da un pezzo di grezzo scommette sulla riuscita di una soluzione di taglio e nello stesso tempo compromette il peso massimo che si sarebbe ricavato scegliendo di produrre una pietra singola. Nella sezione Classici è significativo che la prima posizione sia stata assegnata ad uno zaffiro rosa (David Nassi, 15,30 carati). È un segno che i corindoni fancy sono ormai entrati nella piena dignità delle supergemme e che al top non ci dobbiamo aspettare necessariamente un rubino. Non ci facciamo ingannare dalla resa coreografica: al secondo e al terzo gradino del podio troviamo uno zaffiro del Madagascar da 38,48 carati (Allen Kleiman, A. Kleiman & Co.) e uno smeraldo colombiano da 5,80 carati di straordinaria purezza e senza trattamento di infiltrazioni di olio o sostanze esterne (Joseph Ambalu, Amba Gem Corp.). Tra i gioielli classici ritroviamo ancora gli zaffiri rosa. Allen Kleiman (Kleiman & Co.) di San Francisco ha montato in platino questa coppia non riscaldata di 36,65 carati illuminata da diamanti per 5,09 carati (a sinistra). Al terzo posto della Categoria Evening Wear troviamo Caroline Chartouni di New York con un anello in platino ed immancabile zaffiro rosa di 8,09 carati assistito gocce e tondi (9,84 carati) e diamanti (8,67 carati). Le forme spigolose originano un design non convenzionale, sicuramente non consueto qui in Italia, che però funziona egregiamente per valorizzare l’associazione dei rosa e dei rossi. Come al solito la sezione dei tagli innovativi spinge l’asticella della sperimentazione molto in alto. In particolare colpisce ancora il veterano del taglio artistico, John Dyer, con questo lavoro composito su una tormalina di 63,86 carati. La composizione combina faccette piane sulla corona ad uno sviluppo radiale del padiglione. L’effetto è però inedito rispetto alle precedenti realizzazioni. La cultura del taglio artistico è oramai una pagina classica della gioielleria mitteleuropea e soprattutto statunitense. Agli occhi di uno stilista italiano queste forme non sono familiari, ma è solo una questione di tempo poiché la tendenza futura è quella di ricorrere a tutte le possibilità dei tagli innovativi. Ramo Incisioni. Questa crisocolla di un azzurro imprevedibile di 625 carati vale il primo posto per Meg Berry di Pala International, la rinomata azienda californiana celebre per le sue gemme da collezione. Al secondo posto troviamo Dalan Hargrave (GemStarz Jewelry), con questo insolito camaleonte su sunstone denominato “Henry”. L’incisione su pietre è qualcosa che si situa a metà tra l’inserto in gioiello e l’object d’art. Possiede infatti una propria autonomia plastica, nella forma e nella struttura, che lo pone come un oggetto compiuto che può stare anche in vetrina per essere semplicemente ammirato. La giuria non ha limitato il proprio interesse esclusivamente alle pietre “monstre”, quelle che per l’unicità dei grezzi hanno già il segno dell’eccellenza innata, prima ancora d’essere trasformate. Rodoliti e citrini possono bastare se la realizzazione è accurata ed esteticamente funzionante. Questo paio di orecchini di Gregore Morin (Gregore & Jennifer-Rabe Jewelers) composto da perle freshwater e purple garnets è una chiara dimostrazione che un assetto geometrico ordinato ma insolito può rendere gradevole e prezioso l’utilizzo di pietre che non necessariamente hanno un valore commerciale elevato. Anche nel caso di questo gioiello di Ardeshir Dabestani (Asha Gallery) si ha la dimostrazione chiara che si può premiare lo stile, la geometria, il cromatismo anche al di là del valore intrinseco delle pietre utilizzate. In questo caso si sono combinati un citrino da 436 carati con berilli gialli, delle acquemarine decisamente chiare e diamanti. L’insieme ottiene un effetto moltiplicativo che rende più prezioso l’intero collier. |
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Maggio 2019
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